A meno di un anno dall’appuntamento che l’ha visto protagonista presso l’Aula Magna del Tribunale di Vasto, il magistrato Giuseppe Ayala torna a parlare del suo libro “Troppe coincidenze”, e stavolta lo fa presso la Sala della Cultura “Porta della Terra” a San Salvo, in un incontro organizzato da San Salvo Democratica.
A salutarlo nella sala gremita, i consiglieri comunali di San Salvo Democratica, l’ex sindaco Gabriele Marchese e Domenico Di Stefano, mentre il direttore del quotidiano “Il Centro”, Mauro Tedeschini, ha animato l’incontro ponendo vari spunti di riflessione all’illustre ospite.
Prima questione posta dal direttore Tedeschini la sempreverde polemica sulla presenza di magistrati nella vita politica. “Non sono solito dare pagelle a nessuno – precisa Ayala – quindi il mio è un discorso di principio, però è chiaro che il problema si pone solo se questo o quel magistrato ha svolto le sue funzioni in modo da guadagnare visibilità in funzione di un’eventuale ascesa politica. Al di là di questo, dobbiamo chiederci se il problema del nostro Paese sta nel fatto che cinque o sei magistrati vadano in Parlamento o piuttosto che ci vanno i mascalzoni.”
Altro argomento caldo il mistero delle stragi impunite o, quanto meno, ancora avvolte nel mistero, come Ustica, Piazza Fontana o le stragi mafiose. “Perché in questo paese per certi avvenimenti non si riesce ad arrivare alla verità?” ha chiesto Mauro Tedeschini.
La tesi di Ayala è semplice, per quanto, specifica, “opinione personale”: è “il filo rosso” che collega alcuni eventi criminali a pezzi “deviati” dello Stato che rende impossibile far piena luce sugli stessi eventi.
La domanda conclusiva del direttore Tedeschini è forse la più difficile: “Col senno di poi, il sacrificio di molti uomini di stato è valso a qualcosa o sono state morti inutili”.
La riflessione finale è amara, ma esprime combattività: “Esiste una morte utile? Non so se ne sia valsa la pena o se ha senso vivere in un paese in cui le persone vengono ammazzate perché fanno il proprio dovere, ma io non riesco a dismettere la fiducia in questo paese. Per un uomo la morte rappresenta la fine fisica, mentre la rassegnazione rappresenta la fine morale. Ebbene, io non mi rassegno”.
Natalfrancesco Litterio