Dopo la bufera che ha sbaragliato le fila dell’UdC abruzzese che si è visto imporre da Roma le candidature in pole-position al Senato di Nicoletta Verì, consigliere regionale nelle fila del PdL ed artefice, al fianco del commissario straordinario Baraldi, dei primi discussi interventi sulla sanità per i quali ha trovato l’opposizione ferma proprio del leader regionale dei casiniani Antonio Menna, ed alla Camera di Giorgio De Matteis, capogruppo del Movimento per le Autonomie in Regione; dopo le primarie farsa messe in piedi dal PD e da SEL che quasi certamente costeranno uno scranno ad Angelo Pollutri ed Anna Suriani; oggi tocca al PdL inalberare il vessillo della ribellione. Dopo che le liste per le prossime consultazioni di febbraio hanno preso forma pressoché definitiva Chiodi & Co. hanno rivendicato a gran voce il proprio ruolo respingendo a muso duro le decisioni della nomenklatura romana e minacciando un disimpegno se non anche una rottura insanabile. Le prime indiscrezioni, infatti, parlano del numero 1 al Senato per Silvio Berlusconi, seguito a ruota da Gaetano Quagliariello e, al terzo posto, il coordinatore regionale del partito, Filippo Piccone, mentre alla Camera nell’ordine gli uscenti parlamentari abruzzesi Paola Pelino e Sabatino Aracu. Al terzo posto per Montecitorio ci sarebbe Antonio Razzi, originario di Giuliano Teatino (CHi) emigrato in Svizzera, eletto nelle file dell’Italia dei valori nella circoscrizione Estero-Europa, passato nel centrodestra nelle file di Noi Sud, salito alla ribalta per aver accusato Berlusconi di compravendita di parlamentari per poi passare dalla sua parte. Altro colpo basso la possibile candidatura di Domenico Scilipoti, pure lui ex Idv e passato nella file berlusconiane con una vicenda controversa e densa di sospetti. E poi vi sono altri nomi che circolano con insistenza quali quello del direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Rotondo, sostenuta dall’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta, e uno dei due fratelli Amadori, imprenditori di livello internazionale che hanno uno stabilimento in Abruzzo. Nessun premio quindi, ancora una volta, per la frentania ed il vastese. Decisioni, quelle romane, che non potevano non avere strascichi pesanti: il presidente della Regione Gianni Chiodi è andato su tutte le furie: “Così non va proprio bene. Se la situazione non si recupera prenderemo altre strade. È una operazione inaccettabile”. Ed intanto, gli amministratori abruzzesi del PdL hanno scritto al Cavaliere, e per conoscenza al povero Angelino Alfano, chiedendo di riaprire un dialogo : “Il nostro partito ha tutte le carte in regola, a partire dal suo leader autorevole e forte, e merita di vincere la prossima sfida elettorale. Non le nascondiamo, però, il nostro totale dissenso rispetto alle indiscrezioni” sulle candidature. “L’Abruzzo ha avuto la fortuna di essere guidato in questi anni da Gianni Chiodi, il miglior presidente che questa Regione abbia mai avuto”. Ed è lo stesso presidente a darci giù ancor più pesantemente lasciando intendere una profonda lacerazione dei rapporti tra il PdL Abruzzo e di vertici romani “Per quanto mi riguarda, faccio e traggo le conseguenze“. Intanto Etelwardo Sigismondi se la ride dopo il suo accasamento con Fratelli d’Italia, che, però, gli costa una candidatura obbligata al n° 3 alla Camera, un’operazione meramente di marketing.