Che la vicenda della ricostruzione aquilana abbia ormai assunto i caratteri di una farsa crediamo sia un assioma difficilmente opinabile. Noi che abbiamo una certa età ricordiamo bene quanto accaduto per l’Irpinia, e questa tutta abruzzese la ricorda molto soprattutto per l’incapacità della politica di dare risposte concrete. Finanche le donazioni, piccoli o grandi che fossero, sono state gestite in modo torbido ed in molti casi restano chiuse nelle cassaforti bancarie. Così come è stato torbido il meccanismo dei pagamenti alle imprese chiamate a portare avanti soprattutto le ristrutturazioni edilizie. Tra rimpalli di responsabilità degni dei periodi aurei di Stanlio ed Ollio resta il fatto che L’Aquila è ancora lo spettro di se stessa. Ed allora è normale che si pensi anche a trovare soluzioni che forzino lo stato di stallo in cui la situazione versa.
Carlo Benedetti, presidente dell’assise civica del capoluogo di regione, annuncia la possibilità di ”Un Consiglio comunale dell’Aquila straordinario davanti a palazzo Madama, sede del Senato”, una delle forme di protesta a cui si sta pensando se non ci saranno flussi certi di denaro per la ricostruzione. ”C’è bisogno di sensibilizzare il Parlamento a occuparsi concretamente dell’Aquila, definita “grande questione nazionale” dal presidente Pietro Grasso”, intervenuto alle manifestazioni commemorative del terremoto aquilano il 6 aprile ultimo scorso.
E questo potrebbe essere solo l’inizio di un’azione di protesta perché la questione aquilana non rappresenti un’altra annosa vicenda che riavvicini la nostra regione, come se ce ne fosse ancora bisogno, a quella meridionalità fatta di malagestione che ha condannato prima il Belice, poi, appunto, l’Irpinia.
Luigi Spadaccini
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