Prendendo spunto da la rivista teatrale «Comœdia» (1919-1934), una tra le più prestigiose e ricche produzioni editoriali nel panorama italiano fra le due guerre mondiali, l’indirizzo dei Linguaggi della musica, dello spettacolo e dei media del Corso di laurea in Lettere dell’Università “d’Annunzio” di Chieti propone un convegno che riflette sulle diverse forme dello spettacolo presenti durante gli anni del fascismo.
Dalle 10,00 di giovedì 9 maggio, e per tutta la giornata, l’aula magna di Lettere nel Campus universitario di Chieti sarà teatro del convegno nazionale di studi “«Comœdia» e lo spettacolo italiano tra le due guerre”. Saranno coinvolti docenti dell’Università “D’Annunzio” e studiosi provenienti da diversi atenei italiani, tra cui Firenze, Roma, Venezia, Milano e Bologna.
Fra gli aspetti approfonditi: l’iconografia delle riviste di teatro (Renzo Guardenti), il mercato editoriale (Emanuela Scarpellini), la scenografia (Maria Ida Biggi), la drammaturgia (Antonella Di Nallo), l’arte degli attori (Leonardo Spinelli), la danza (Giulia Taddeo), il cinema (Luca Mazzei, Roma, e Fabio Andreazza), la musica (Giorgio Pagannone), il rapporto fra teatro italiano e teatro straniero (Silvia Barone), la drammaturgia napoletana (Angela Cimini).
Per gli studenti universitari è previsto il riconoscimento dei crediti.
«Questo evento culturale intende mettere in luce lo spirito di collaborazione interdisciplinare che anima il nuovo indirizzo di studi sui Linguaggi della musica, dello spettacolo e dei media, inserito nel Corso di laurea in Lettere – spiega il preside di Lettere Stefano Trinchese – È un indirizzo pensato per i futuri operatori nella mediazione culturale e nei campi propedeutici alla produzione e alla critica degli eventi culturali, per questo motivo il convegno è aperto sia agli studenti universitari sia a quelli delle scuole».
«Per diverse ragioni – spiega la coordinatrice Antonella Di Nallo, docente di Letteratura teatrale italiana dell’università di Chieti – le riviste possono essere studiate in una prospettiva di riflessione sui confini, infatti nascono dal bisogno di conferire all’effimero teatrale la sopravvivenza garantita dalla pagina scritta. A testimonianza di una costante interrelazione fra linguaggi e l’interferenza fra testo e scena, molto spesso la struttura del periodico e la sua fisionomia iconografica si evolvono privilegiando sempre di più le risorse comunicative legate all’immagine (foto di scena, disegni, particolare impostazione grafica) fino ad avvicinarsi alla forma del rotocalco. In questa direzione, lo spazio sempre maggiore riservato alla documentazione fotografica, l’attenzione alle diverse componenti dello spettacolo (il fenomeno attoriale, la scenografia, la regia), l’apertura verso nuovi generi e linguaggi quali il cinema, la rivista, il varietà, l’operetta, la danza testimoniano il rapido modificarsi, nel periodo fra le due guerre mondiali, dell’idea stessa dello spettacolo, non senza che i cambiamenti vengano accompagnati da una crescente consapevolezza teorica e dalle immancabili influenze che il regime fascista esercita sulla vita culturale della nazione».