Dopo una lunga corsa alle aperture straordinarie nelle domeniche e nei giorni festivi, dovuta soprattutto al proliferare di iper e supermercati, oggi anche il mondo della grande distribuzione in Italia si interroga sull’opportunità di continuare lungo questa direzione. Infatti, una importante catena nazionale con oltre 500 punti vendita ha già deciso di abbandonare questo percorso ripristinando, a partire dalla regione Veneto, le chiusure domenicali e festive, secondo gli intenti anche per favorire un rilancio dell’unione familiare, ma certamente per cancellare un fenomeno che in realtà non garantisce i guadagni sperati, anzi… Sulla scia di questa situazione di riflessione profonda del mondo del commercio si innesca la proposta di legge presentata in Senato da Gianluca Castaldi ed Elisa Bulgarelli volta a regolamentare le aperture festive dei centri commerciali, annullando i provvedimenti del Governo Monti che andavano in direzione delle aperture selvagge.
“Tecnicamente – dice Castaldi – la proposta si denomina: ”Modifica all’articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e altre disposizioni in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali”.
Il senatore del Movimento 5 Stelle chiarisce attraverso un documento diramato alla stampa la sua posizione:
“Gli effetti delle iper-liberalizzazioni degli orari e delle aperture degli esercizi commerciali introdotte dapprima dall’ultimo Governo Berlusconi in via sperimentale con la manovra correttiva dall’agosto 2011 e successivamente confermate, in via definitiva, dal Governo Monti nell’ambito della «manovra Salva Italia» varata con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si sono rivelate fallimentari, e letali per tanti piccoli negozi. Tali norme infatti sono state introdotte all’interno di un quadro anticrisi ma, ad oltre un anno dalla loro entrata in vigore, i dati dimostrano che non abbiano avuto gli effetti sperati. Non sono aumentati i posti di lavoro, e non sono aumentati nemmeno i consumi. Non basta allungare gli orari dei negozi per aumentare il fatturato.”.
Un’amara constatazione che fa il paio con altre problematiche correlate anche agli aspetti istituzionali oltrechè meramente occupazionali e commerciali: “L’aspetto problematico della questione, a cui questa proposta di legge intende porre riparo, non è tanto l’inefficacia delle misure sotto l’aspetto del sostegno all’economia, quanto purtroppo il danno che si è creato sotto il profilo della conflittualità nell’attribuzione di competenza della materia tra lo Stato e le regioni, con la presentazione di numerosi ricorsi finiti davanti alla Corte costituzionale, nonché sotto il profilo della tutela dei diritti dei lavoratori e, non da ultimo, sotto il profilo di un vero danno economico nei confronti dei piccoli commercianti che hanno subìto sulla loro pelle la disapplicazione dell’articolo 41 della Costituzione («L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali»).Il risultato di questa concorrenza da far-west è la chiusura dei piccoli esercizi con una desertificazione dei centri storici e dei quartieri più periferici che è sotto gli occhi di tutti. Secondo i dati di Confcommercio, nel primo bimestre 2013, solo nel settore della distribuzione commerciale, sono spariti quasi 10.000 negozi, con un vistoso crollo (-50 per cento) delle aperture di nuove attività; anche la Confesercenti ha confermato la propria contrarietà al provvedimento, soprattutto con riferimento alle aperture domenicali e dei giorni festivi”.
Infine, Castaldi scende nel dettaglio di alcuni passaggi fondamentali della sua proposta: “La proposta di legge si propone dunque di ricondurre la competenza legislativa e la potestà regolamentare nel settore del commercio alle regioni e agli enti locali ai quali spetta il compito della pianificazione della turnazione delle festività lavorative che non ricada pesantemente sui diritti dei lavoratori ma che tuteli contemporaneamente i diritti dei consumatori. L’ambito di applicazione delle disposizioni proposte è determinato con riferimento a tutti gli esercizi commerciali, evitando le distinzioni previste per le attività di somministrazione dalla riforma del commercio di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Si provvede quindi all’abolizione delle liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti con il ripristino della situazione precedente, con un ritorno alla liberalizzazione completa per i soli esercizi ricadenti nei comuni a carattere turistico. Al fine di contemperare l’interesse dei consumatori e la tutela dei diritti dei lavoratori del commercio, in tutte le altre zone saranno invece le regioni, di comune accordo con gli enti locali e sentito il parere dei comitati locali e delle organizzazioni di categoria, dei lavoratori e dei consumatori, a definire un piano delle aperture domenicali e festive che, ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 2 preveda del Disegno di legge, in ogni comune, un 25 per cento degli esercizi aperti per settore merceologico, nonché un numero massimo di dodici festività lavorative annue per singolo esercizio commerciale su un modello che è già stato sperimentato con successo a Modena”.