Lo avevamo detto più volte: molte erano le perplessità in merito alla istituzione di un’unica Azienda Regionale delle Aree Produttive (ARAP, appunto) che avrebbe dovuto fondere i vari consorzi industriali assorbendone patrimoni e funzionalità. Oggi quelle perplessità sono ben evidenziate nella interrogazione a risposta orale in Commissione al ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, da parte dei senatori del Movimento 5 Stelle (primo firmatario il vastese Gianluca Castaldi)
Nel testo, dopo l’enunciazione dei vari provvedimenti normativi istitutivi del’Arap, si leggono i punti nodali della questione a partire dal fatto che
“il Governo dell’epoca non ha ritenuto, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 127 della Costituzione, promuovere una questione di legittimità costituzionale nei termini di 60 giorni dalla pubblicazione della legge regionale, pur appalesandosi, a parere degli interroganti, questioni e profili di dubbia legittimità nell’agire da parte della Regione Abruzzo quali, ad esempio (e giù a citare i vari punti che abbiamo riassunto)
la difformità degli organi direttivi individuati dalla LR 4/2009, richiamata dalla Legge Regionale n° 23/2011 individua l’ARAP come ente pubblico economico, che prevede soltanto un Consiglio di Amministrazione, Collegio di Revisori dei Conti , la Legge Regionale n° 23/2011-art.1 comma 7, prevede un Presidente, un Consiglio di Amministrazione ed una Assemblea generale costituita dai soci
ila conflittualità normativa tra l’articolo 5 della LR 4/2009, che prevede che le nomine degli organi di vertice, collegiali ed individuali, di amministrazione e di controllo degli Enti Regionali sono effettuate dal Consiglio Regionale, e la legge istitutiva dell’ARAP che nulla dice circa la individuazione e la nomina del Presidente;
la anomalia derivante dal fatto che un Ente pubblico (ARAP) dotato di Assemblea dei soci avrà, invece, gli Organi Amministrativi e di Controllo nominati dal Consiglio Regionale e non espressione della Assemblea dei soci
“non vi è certezza circa il profilo di qualificazione della procedura di fusione e cioè se di natura pubblicistica o civilistica e para societaria del procedimento stesso di fusione”;
“si costituisce un ente pubblico regionale (ARAP) con funzioni pubbliche rilevanti senza che una fonte legislativa definisca ruolo e compiti del suo (presumibile) organo di indirizzo…”;
“la applicabilità alla fusione dei Consorzi per lo sviluppo industriale delle norme di fusione previste dal Codice Civile (art.2501 e seguenti), stante la conclamata difficoltà di qualificazione giuridica dei Consorzi e la applicabilità che le norme del Codice Civile alla situazione dell’ARAP che sicuramente società in senso codicistico non è”;
”irrisolte e non codificate rimangono tutte le questioni legate alla valutazione del patrimonio dei Consorzi…(…), del metodo di valutazione (…), delle modalità di contabilizzazione dei contributi in conto capitale erogati dalla Regione Abruzzo, della definizione della quota di partecipazione della Regione Abruzzo, del valore riferito al rapporto di cambio, tipico di una fusione e della sua congruità, dei modelli di governance sottesi, della fondatezza (…) della misurazione dei patrimoni, stando anche il fatto che la stima ed il metodo del valore del rapporto di cambio possono modificare la posizione degli attuali soci e dunque dei diritti connessi”;
Quindi un parte della interrogazione riguarda direttamente il vastese e, soprattutto, il Coasiv ed il Coniv:
“la Regione Abruzzo con DGR 421/P del 17.06.2013 “Legge regionale 29 luglio 2011, n. 23 Riordino delle funzioni in materia di aree produttive e successive modifiche e integrazioni al disciplinare approvato con D.G.R. n. 62/P del 13.02.2012” è nuovamente intervenuta a legiferare nel merito della istituzione di una unica azienda regionale delle Aree produttive;
tali modifiche introducono una nuova disciplina per quanto riguarda la Gestione degli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione che prevede che entro il 30 settembre 2013 i Consorzi Industriali, (…) che non gestiscono direttamente gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione, a prevalente uso industriale, procedono (…) alla selezione di un operatore economico cui affidare per anni cinque, in qualità di socio di società mista a maggioranza pubblica, ovvero in regime di concessione di servizi (…), la gestione dei predetti impianti di competenza consortile;
il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale del Vastese (Co.A.S.I.V.), rientrante nel progetto di fusione per la costituzione della azienda regionale delle Aree produttive (…), è proprietaria di maggioranza del CON.I.V. (Servizi ed ecologia SpA) che nasce nel 1989 come società a maggioranza pubblica con lo scopo di operare nel campo dei servizi ecologici e del risanamento ambientale e del quale è socia la società Di Vincenzo Dino & C. S.p.A., e che per conto dello stesso Consorzio Area Sviluppo Industriale del Vastese (Co.A.S.I.V.) attualmente, in convenzione ancora vigente, gestisce l’Impianto di depurazione e smaltimento rifiuti liquidi di Montenero di Bisaccia, l’Impianto di depurazione della zona industriale Val Sinello (Monteodorisio), l’Impianto di depurazione di Punta Penna (Vasto), l’Impianto di trattamento delle acque (San Salvo) e la Discarica di Bosco Motticce, San Salvo (solo attività di post gestione);
il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, prevede all’articolo 172 “Gestioni esistenti” comma 6: “Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all’articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell’unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d’uso al gestore del servizio idrico integrato dell’Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.” ;
il suddetto piano ad oggi non risulta essere stato adottato;
la formulazione contenuta nella modifica al Disciplinare appare in assenza del Piano generale richiamato dal Comma 6, art 172 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come ultronea rispetto alle competenze specifiche regionali nonché foriera di un danno al bene pubblico comune stando il fatto che il ricorso alla procedura di cui all’art. 278 del Regolamento di esecuzione e attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE” parte dal presupposto dell’affidamento in finanza di progetto di contratti di concessione di servizi, che soggetti privati possono presentare proposte che contengono uno studio di fattibilità, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario, asseverato dai soggetti indicati dall’articolo 153, comma 9, del Codice dei contratti pubblici, una specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, nonché l’indicazione degli elementi di cui all’articolo 83, comma 1, dello stesso Codice e delle garanzie offerte dal promotore all’amministrazione aggiudicatrice;
il ricorso alla finanza di progetto non viene esplicitamente richiamata dalle modifiche al Disciplinare, tantomeno implicitamente se non nel richiamo al comma 4 del medesimo articolo che prevede che “ ai fini della scelta del concessionario, le amministrazioni aggiudicatrici procedono ad indire una gara informale ai sensi dell’articolo 30, comma 3, del codice, cui viene invitato anche il promotore, ponendo a base di gara la proposta presentata dallo stesso. Nella fase di scelta del concessionario, il promotore può adeguare la propria proposta a quella giudicata dall’amministrazione più conveniente. In tal caso il promotore risulterà affidatario della concessione.”,
Alla luce di tutto quanto esposto i senatori grillini chiedono
“se non ritenga il Ministro in indirizzo, in assenza del piano da adottare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, le province e gli enti interessati cosi come previsto dal comma 6-art 172 del Decreto legislativo 3 aprile 2006-n. 152, di attivarsi presso l’amministrazione competente, la Regione Abruzzo, affinché venga censurata l’adozione del provvedimento sopra richiamato con idonee forme amministrative e/o legislative”.