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Consorzio di Bonifica, la rivolta delle organizzazioni professionali

irrigatoreTutto come previsto, oseremmo dire: da mesi abbiamo sollevato la questione della possibile implosione del Consorzio di Bonifica Sud  che ha sede a Sant’Antonio Abate di Vasto ed ora i fatti ci stanno dando ragione. E sono le troppe incertezze maturate all’interno e all’esterno dell’istituzione che determinano un caos tale da rischiare di mettere in ginocchio le forniture idriche per le imprese agricole del vastese e del Sangro. Tutto era cominciato col tentativo di dismettere buona parte del patrimonio del Consorzio, passaggio che probabilmente avrebbe dovuto rappresentare  il primo step dello spostamento dell’ente da Vasto in Val di Sangro, almeno secondo i presunti intenti dell’assessorato regionale competente, una alienazione, però, mai portata a compimento.

Poi, arrivò la rivolta di tre consiglieri delegati, Tommaso Dell’Oso, Pietro Raffaello Marino e Domenico Melchiorre, che, puntando ben teso il dito contro il presidente Fabrizio Marchetti,  sceglievano il gesto clamoroso di dimettersi per denunciare una ”sostanziale impossibilità di amministrare l’ente, la cui gestione è sempre stata caratterizzata da azioni personali, in spregio al principio democratico che dovrebbe sottostare all’agire del consorzio”.

Il tutto mentre i dipendenti del Consorzio accumulavano spettanze non retribuite e subivano continui schiaffi, come quello del 1 luglio scorso, quando veniva convocata un’assemblea per fare chiarezza sul futuro dell’Ente, summit disertato da tutte le istituzioni. E, infatti, come abbiamo scritto allora “Da quell’incontro non potevano non essere sollevate perplessità e allarmi, tant’è che i sindacati hanno subito puntualizzato come “I dipendenti non hanno ottenuto risposte in merito all’inerzia per la ricostituzione dell’Amministrazione consortile, ormai vacante da oltre sei mesi. Una situazione  che comporta il rallentamento delle attività e l’impossibilità di raggiungere le finalità dell’ente, volte alla tutela del territorio e a garantire la risorsa idrica per uso agricolo, industriale e turistico”.

Oggi il pesante j’accuse rivolto da Coldiretti, Cia e Copagri al presidente Marchetti e al management consortile cui vengono addossate le colpe di un passivo di bilancio pari a 14milioni di euro e delle grandi difficoltà nel garantire l’irrigazione nei campi nei giorni più caldi.

Le tre organizzazioni professionali tornano sul capitolo dimissioni dei consiglieri delegati e sulle loro denunce e “chiedono il rispetto della legge, dello statuto e il ripristino della legalità in un ente che sta vivendo una paralisi amministrativa tra le più pesanti degli ultimi dieci anni. E’ inammissibile che, a distanza di quattro mesi dalla richiesta inoltrata dalla maggioranza dei consiglieri (6 su 11) ai fini della convocazione del consiglio dei delegati con all’ordine del giorno le dimissioni del presidente, il consiglio venga convocato su altre questioni dal presidente, che così rimane attaccato alla poltrona senza risolvere alcuna emergenza”.

Proprio per questo atteggiamento totalitaristico i tre sodalizi hanno denunciato la mancanza delle garanzie democratiche nella gestione dell’ente annunciando che ”Non parteciperemo più al consiglio dei delegati fino a quando ci sarà un passo indietro del presidente, che prenda atto del suo fallimento e dia ad altri la possibilità di amministrare in modo chiaro, trasparente e democratico, in modo da gestire i servizi alle aziende agricole”.

Ormai, quindi, si è giunto al punto del non ritorno. Finalmente, nel bene o nel male, si dovrà uscire allo scoperto e chiarire quali sono le progettualità future, sempre che vi siano, che interesseranno il Consorzio.

Lu. Spa.

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