Non ci sarebbe dolo dietro l’esteso incendio che si è sviluppato nella tarda mattinata di giovedì 19 settembre in località Sant’Antonio Abate e che ha coinvolto anche l’ex caserma militare abbandonata. Secondo quanto ricostruito con l’aiuto di testimoni e ascoltando anche la persona ritenuta responsabile dell’episodio, D. P. A., agricoltore di 59 anni, il tutto si sarebbe sviluppato da un maldestro tentativo di disfarsi di ceppame e residui di potatura attraverso la pessima abitudine di bruciarli.
Secondo quanto ricostruito dagli agenti del Commissariato di Vasto, diretto dal vicequestore Cesare Ciammaichella, infatti, l’uomo avrebbe preparato tre mucchi di ceppame da bruciare, ma – una volta dato l’innesco, la fiamma non sarebbe partita, anche perché era materiale “verde” che non ha preso fuoco al primo colpo. Al quel punto l’agricoltore avrebbe deciso di recarsi a fare la spesa in un supermercato, ma in sua assenza l’innesco che non era riuscito ad incendiare il ceppame “verde” ha comunque sviluppato un principio di incendio sul “tappeto” di erba secca e triturata su cui erano stati posti i mucchi da bruciare. Il vento forte e caldo, poi, ha scatenato il furioso incendio che ha tenuti impegnati Vigili del Fuoco di Vasto e Ortona fino alle 15, supportati anche da un elicottero.
Un incendio colposo, quindi, e non doloso, che tra l’altro ha anche danneggiato gli ulivi dello stesso agricoltore, che si è detto pentito della disattenzione che comunque gli costerà cara. L’uomo, infatti, dovrà rispondere di incendio boschivo, secondo il 423 bis del codice penale, una fattispecie recentemente introdotta, “aggravante” rispetto all’incendio colposo “semplice”.
Il vicequestore Cesare Ciammaichella ha perciò ricordato che lo smaltimento di ceppame e residui di potatura va effettuato secondo quanto prevede la legge; è infatti illegale “smaltirli” bruciandoli, come purtroppo è abitudine comune in molte parti d’Italia, vastese compreso.
n.l.