Il nuovo filone di inchiesta della magistratura pescarese incombe come un macigno appeso a un filo sulla Giunta Chiodi dopo un solo mese di prolungamento del mandato. Alla vigilia di una delle più dure e indecifrabili battaglie elettorali del dopoguerra abruzzese in vista delle regionali del 25 maggio è ancora una volta una vicenda giudiziaria a rimescolare le carte sul tavolo. Dinanzi al dito accusatorio dei pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli è finita praticamente tutta la maggioranza di centro-destra che ha reagito univocamente alle accuse avanzate.
E parte subito al contrattacco Gianni Chiodi, il governatore, che ai colleghi dell’Ansa ha dichiarato di non sapere ancora ”di che cosa si tratti perché non ho ricevuto l’avviso di garanzia. Ho capito che si tratta di rimborsi e, da quello che si apprende, sembrano cose che possono essere spiegate ampiamente, non è come avvenuto nel resto dell’Italia”, ed ha poi aggiunto “Io non compilo rimborsi sulle visite istituzionali, credo che si possa spiegare tutto. Prima o poi in Abruzzo doveva arrivare, è un trend nazionale, ma resto colui che ha ridotto del 75% le spese di rappresentanza rispetto alla precedente Giunta”.
A cadere nella fitta maglia degli investigatori anche il presidente dell’Assise dell’Emiciclo, Nazario Pagano, da poco nominato direttamente dal Cavaliere alla presidenza di Forza Italia Abruzzo, che in una nota ha dichiarato “Sono sereno e tranquillo nonché fiducioso nell’operato della magistratura. Chiarirò ogni addebito. È evidente che sono contestazioni sollevate senza tener conto del nostro regolamento che disciplina le missioni istituzionali. A tal proposito, voglio precisare che ho rappresentato l’Abruzzo anche all’estero solo ed esclusivamente a fini promozionali. Le missioni, infatti, sono un valore. Voglio ricordare – ha aggiunto – che io ho ridotto le spese di rappresentanza del 70 per cento rispetto alla passata legislatura. Questa indagine, mi sembra di capire, riguarda presunte irregolarità nella trascrizione delle fatture, che non ricade, come è evidente, nella sfera del presidente del Consiglio o del singolo consigliere”.
Sposta il tiro, invece, Federica Chiavaroli, neo coordinatrice regionale del Nuovo Centro Destra alfaniano, sulla strana tempistica dell’azione giudiziaria affermando sempre all’Ansa: “Questa vicenda probabilmente avrà dei riflessi sulle elezioni regionali perché colpisce su uno di quei temi sensibili per l’opinione pubblica. Era nell’ aria da un po’ e dà fastidio che arrivi proprio ora. Si avvicinano le elezioni e arrivano Ruby ter, la Regione Abruzzo. Inizia la campagna elettorale…”
Sceglie la strada del social network, invece, Carlo Masci, che così scrive: “Oggi ricevo dopo 19 anni di attività politica il mio primo avviso di garanzia. Mi vengono contestate 9 ricevute di ristoranti di Roma per importi che variano da 49 a 73 euro per consumazioni effettuate in occasione delle mie 80 visite istituzionali nella capitale per conto della Regione dal gennaio 2009 al dicembre 2011, per un totale di circa 500,00 euro. Sostengono i pm che le 9 ricevute non sarebbero per un pasto cadauna, così come in esse indicato, bensì per due. L’altra contestazione riguarda il fatto che nei moduli delle missioni (quasi tutte a Roma alla Conferenza delle Regioni, su delega del Presidente), predisposti come da prassi dagli uffici regionali, vi è soltanto la frase generica “missione istituzionale” e non la motivazione della stessa. Questa genericità, derivante da una prassi degli uffici regionali risalente nel tempo, costituirebbe, a detta dei pm, un reato. Ringrazio i tanti che mi hanno espresso solidarietà senza neanche conoscere gli addebiti contestatimi. Leggendo queste poche righe sono certo si tranquillizzeranno, così come sono tranquillo io”.
C’è anche chi dall’opposizione incalza, come il sindaco de L’Aquila Cialente appena ritornato a indossare la fascia di primo cittadino: “Potrei fare della facile ironia. Rispetto al veleno vomitato su di me, sulla Giunta e sul Comune dell’Aquila – ha detto – Ma non sono uno sciacallo. Sono profondamente addolorato, proprio nel momento in cui sono tornato sui miei passi per difendere l’onore degli aquilani e delle aquilane e ristabilire la verità e l’onestà sulla ricostruzione di fronte all’Italia e all’Europa”.
Ci ha pensato anche Gianluca Vacca, M5S, a dare lanciare strali su Chiodi e C. parlando di “una grave questione morale in Abruzzo, ovviamente bipartisan” e chiede le “dimissioni immediate, di tutti gli indagati, subito”. “Dimissioni vere, non alla Cialente”. Sollecitando le dimissioni degli indagati, aggiunge che dovrebbero rimanere “fuori dalla scena politica, insieme all’indagato candidato del centrosinistra Luciano D’Alfonso”, ex sindaco di Pescara. “Gli abruzzesi – conclude – meritano di meglio che candidati che alternano incontri elettorali a incontri con avvocati e appuntamenti in Procura”.
Affondo politico quello portato dal segretario regionale del PD Silvio Paolucci: “Chiodi ha fallito anche su etica e trasparenza – ha detto l’esponente democratico -Siamo garantisti e non faremo come Chiodi, che sulle indagini che hanno coinvolto esponenti di altri partiti si è comportato sempre da sciacallo. Ora che invece le indagini lo coinvolgono direttamente, travolgendo la sua coalizione già sconquassata da ben tre arresti di assessori senza che abbia mai sentito la necessità di dimettersi, non mutiamo atteggiamento, confidando sempre nel lavoro della magistratura, nei tempi rapidi delle indagini e negli strumenti consentiti alla difesa”.
Lu. Spa.