Come appariva ormai inevitabile è partita “la guerra delle foibe”. Dopo l’istituzione del Giorno del ricordo, con una legge del 2004, per commemorare le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmato – che lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva definito come una vicenda dai “sinistri contorni di pulizia etnica” – e le annuali celebrazioni che spesso hanno visto anche i partigiani italiani al centro di polemiche in quanto ritenuti “collaborazionisti” o parta attiva nella vicenda, a volte nel tentativo di far passare il messaggio di una sorta di sostanziale “pareggio” nell’ambito di un macabro “borsino delle atrocità” tra fascisti e partigiani.
Proprio per rispondere a questa impostazione considerata revisionista, la sezione vastese dell’Anpi ha organizzato sabato scorso un incontro dibattito a tema con la giornalista e ricercatrice storica triestina Claudia Cernogi, autrice del libro “Operazione Foibe. Tra storia e mito”.
“Rispondendo alle domande dei presenti, – sottolineano dalla sezione vastese dell’Anpi – in un’ora e mezza Claudia Cernigoi ha smontato efficacemente la tesi prevalente e troppo spesso acriticamente accettata secondo la quale, dal 1943 e poi successivamente a partire dal 1945, i partigiani jugoslavi avrebbero condotto una pulizia etnica nei confronti degli italiani. Documenti alla mano (raccolti in archivi dello Stato civile, da rapporti ufficiali dell’epoca, ecc.), Claudia Cernigoi ha mostrato come non si possa parlare né di genocidio (semmai di azioni di guerra e di liberazione antifascista), né tantomeno di pulizia etnica contro gli italiani come si cerca strumentalmente di far passare. D’altronde gli stessi testi di riferimento dei “foibologi” sono pieni zeppi di errori. Un esempio su tutti: Marco Pirina – ha ricordato Claudia Cernigoi durante il dibattito – , elevato dai foibologi tra i maggiori esperti del tema, nel suo elenco degli ‘scomparsi da Trieste per mano jugoslava’ aveva considerato anche persone uccise durante la guerra (tra cui partigiani e deportati nei lager nazisti), nomi di arrestati poi rimpatriati (quindi sopravvissuti) e persone uccise dopo la guerra per vari motivi. Su un totale di 1.458 nomi, il noto ‘storico’ delle foibe (coinvolto nel golpe Borghese del 1970) aveva totalizzato un 65% di errori. La ricercatrice storica triestina, coerentemente a quanto descritto nella prefazione del suo libro, nel corso del dibattito non ha negato “la realtà delle foibe, né gli eccessi e le vendette personali, ma attraverso una ricerca rigorosa riporta il fenomeno fuori dal mito”. Spiegando che le sue ricerche hanno riguardato documenti di tutti gli archivi disponibili, biografie, testimonianze e dati raccolti dentro e oltre i confini italiani, Claudia Cernigoi ha mostrato come il numero dei cosiddetti “infoibati” sia stato in tutti questi anni artatamente gonfiato: non di migliaia di morti, ma di qualche centinaio è il numero di corpi gettati nelle foibe per i motivi più vari. Soprattutto, però, i corpi rinvenuti dalla fine della guerra appartengono a torturatori, massacratori, collaborazionisti e criminali di guerra appartenenti ad organizzazioni fasciste come X Mas ed altre milizie che rispondevano ad ordini dei nazisti. Non è assolutamente giustificata, quindi, la litania che vorrebbe far credere in un “odio nei confronti di italiani in quanto tali”. Si dovrebbe invece parlare di lotta di liberazione dal nazifascismo da parte del popolo jugoslavo, come antifascista fu la lotta di Resistenza italiana. Claudia Cernigoi ha fatto notare che il solo fatto che dopo la liberazione della Jugoslavia dal nazifascismo siano rimaste aperte scuole italiane anche con insegnanti italiani del periodo dell’occupazione nazifascista dovrebbe dimostrare da solo l’infondatezza della teoria dell’odio anti-italiano. E allora c’è da chiedersi cosa viene celebrato davvero il 10 febbraio; come possano le istituzioni, commemorare il 27 gennaio i milioni di morti della barbarie nazifascista e pochi giorni dopo, il 10 febbraio, partecipare a malcelate celebrazioni dal sapore nazionalista”.