Non solo Vinca Sorge Delfico si sottrasse alle seduzioni ammalianti di Gabriele D’Annunzio. C’è anche un’altra donna, la pittrice polacca Samara Lampicka, alle sue prime armi, desiderosa, di affermarsi entrando nel vorticoso mondo dell’aristocrazia, e farsi anche pubblicità. Tamara era un’artista di grande sensualità e di sottile fascino personale e non parve vero a Gabriele D’Annunzio, che aveva compiuto 63 anni, di innamorarsi di questa giovane ventottenne, che non era bella, aveva il naso sporgente, un seno piatto, gli occhi infossati e le mascelle maschie. Tamara Lampicka fu ospite di D’Annunzio al Vittoriale nel settembre del 1926, con l’intento di ritrarlo e così assicurarsi notorietà. Il Vate già pregustava il piacere di questa nuova conquista. Preliminarmente la pittrice riuscì a sottrarsi con diplomazia agli assalti del poeta che per lei aveva aperto un armadio pieno di gioielli e di tessuti pregiati, invitandola a prendere quello che voleva.
Ma lei, maliziosamente, scelse un paio di calze di seta finissima che subito infilò nelle dritte gambe affusolate, suscitando nel Vate pensieri alquanto erotici. Per il momento tutto qui, perché i due si dettero appuntamento l’anno dopo. Infatti, Samara ritorna al Vittoriale e vi rimane ospite per dieci giorni. Era attesissima dal Vate che nella lettera di invito, indirizzata al n. 5 di Rue de Maupassant a Parigi, scriveva in francese di attenderla e che lei gli facesse sapere, per telegramma, il giorno, l’ora, la stazione “affinché io possa inviare vettura. Stop. Vi prego di dirmi se volete la materna e paterna ospitalità nel bell’appartamento che voi conoscete. Gabriele”. Il soggiorno è tutto un inseguimento alla donna con giochi erotici e rare concessioni da parte della pittrice che gli consente solo “i suoi baci profondi” come narra lo stesso D’Annunzio “in modo in cui si faceva baciare sotto le ascelle”. Durante questo soggiorno Gabriele D’Annunzio era visto spesso con il volto tutto arrossato dal rossetto di Samara che veniva, nondimeno, ricoperta di gioielli e regali costosi, fino a 29 mila lire dell’epoca! Ma lei sfugge sempre, con sottile abilità, agli assalti del poeta, dichiarando che prima d’ora non aveva avuto amanti, non solo, ma rifiutava di annusare un pizzico di cocaina che il Vate le offriva, proprio per non cadere vittima delle assillanti schermaglie di Gabriele. Un gioco per nulla gradito da Gabriele D’Annunzio che, pensando ai soldi sborsati (il poeta dirà: “avrei fatto meglio a darli a un povero”), apertamente riconosce che Samara è “una donna tutta testa che non fa che ragionare e non sente niente”. Finalmente il Vate comprende la sottile ragnatela tessuta dall’artista che definisce una “bestia” e, rincarando la dose afferma: “Lei non è altro che una perfetta cocotte, non una signora, ma una cocotte di alto bordo, s’intende. Se non fossi cortese, la farei mettere amabilmente alla porta dalla più infima delle mie serve, ma sarò galante fino in fondo e lo farò per rispetto di suo marito, di cui ho pietà, sapendo sotto che artigli si trova”.
È lo stesso Gabriele D’Annunzio a tramandarci i particolari dell’ultimo assalto che egli sferrò nei confronti della donna per piegarla ai suoi voleri, nel racconto che fa alla giovane domestica che aveva fatto venire al Vittoriale da Archacon, che il Vate chiama Aélis, che fu anche sua amante fedele a lui fino alla morte con estrema dedizione. Scrive il poeta: “Allora, per cercare di convincerla, mi sono tolto il pigiama per mostrarle la bellezza del mio corpo, ma lei si è voltata dall’altra parte, dicendo che aveva orrore della pornografia. Allora le ho chiesto che intenzione avesse e lei, soltanto in mente di parlarmi del ritratto che desiderava farmi e mi ha detto che forse evitavo di farne cenno perché non conoscevo i suoi pezzi. Pensa, Aélis, venire a dire a me una cosa simile! Non ho potuto fare a meno di dirle: come, Signora? Lei parla così a Gabriele D’Annunzio. Ebbene, addio!” Di contro Samara si vendicherà del Vate definendolo “un vecchio nano’ in uniforme”.
NASCOSE MOLTE DELLE SUE VICENDE AMOROSE
LE TANTE BUGIE DI TAMARA DE LEMPICKA
Tamara De Lempicka, alle insistenti profferte amorose di Gabriele D’Annunzio, replicava che, prima di lui, non aveva avuto amanti. Invece, la pittrice ha nascosto di essere stata amante dell’ambasciatore svedese che, dopo la rivoluzione russa, l’aiutò a fuggire da San Pietroburgo, dove, a 18 anni, aveva sposato l’avvocato Tadeusz Lempickj. Inoltre, mentendo ancora a D’Annunzio, quando, nel 1928 il marito l’abbandona, Tamara diviene l’amante del Barone Kyffner che sposerà, dopo la morte del Vate, nel 1933.
Giuseppe Catania