Solo chi ieri sera si aspettava un confronto dialettico su posizioni antitetiche in merito alla figura e alla ricerca di Dio non può non essere rimasto deluso: ma l’incontro tra S.E. Mons. Bruno Forte e il prof. Massimo Cacciari, legati da un’amicizia trentennale, cui hanno assistito centinaia di persone che hanno riempito oltre ogni misura l’auditorium della Parrocchia di S. Paolo, ha regalato comunque una pagina culturale tra le più belle vissute negli ultimi dalla città di Vasto, capace di riportare i presenti a respirare la bellezza di un italiano parlato alla perfezione, la sublimità dei ragionamenti che hanno saputo ripercorrere una parte del pensiero dell’uomo di tutti i tempi, da Platone a Sant’Alfonso, da Hegel a Sant’Agostino, da Schelling a Pascal, dai Vangeli a Spinoza, da Leibniz a Gentile, ragionamenti arricchiti da nobili citazioni in latino e greco che hanno soddisfatto anche i palati più fini.
Ed è stato proprio Mons. Bruno Forte a introdurre la riflessione partendo da un testo di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Pratica di amar Gesù Cristo, una delle opere più tradotte e pubblicate al mondo. In quel testo, secondo Forte, sono accennati i tre volti di Dio “che rispondono alla domanda che significa Dio per me”.
Il primo volto di Dio è quello del consolatore, ovvero colui che è invocato e che viene in soccorso, nel senso rappresentato dalla traduzione del termine paracletus, che evoca un’altra parola dell’ebraico biblico, shomer, “termine di straordinaria ricchezza che dice dell’attenzione e dell’amorevolezza con cui Dio si prende cura del suo popolo”.” Dio” come consolatore e custode “è, dunque, l’unico che riesce a dare al cuore la gioia infinita, al cuore di chi lo ama e di chi si lascia amare da lui”.
Il secondo, “apparentemente contradittorio”, è quello di “Dio fuoco divorante”, che sperimenti quando “sperimenti il suo silenzio, quando lo senti sordo al gemito del tuo dolore, del dolore degli innocenti, quando, insomma, percepisci il suo sguardo come fiamma di fuoco”.
Il terzo “è quello più conturbante e più importante per noi, il più scandaloso”: il Dio che è “l’eterno Emmanuele, che significa che il Figlio di Dio ha abitato la nostra sofferenza e la nostra morte per dare a noi la gioia e la vita. Si è fatto uno di noi, si è caricato del nostro peccato perché Lui è innocente, ovvero un Dio umano e un Dio compassionato e agli antipodi del Dio giustiziere”.
“Noi predichiamo Cristo Crocifisso – ha ricordato il vescovo di Chieti-Vasto – scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani e, quando noi poniamo la domanda su Dio, noi in realtà poniamo la domanda sull’uomo e su come ci poniamo di fronte a questi volti di Dio”.
La riflessione si è chiusa con un tuffo nella “dottrina tremenda” della designatio ad infernum, ovvero quella che è sopravvissuta al passare dei secoli e ci pone di fronte ad una domanda ben precisa: “Se Dio volesse per te l’inferno eterno lo ameresti lo stesso? Ami Dio perché vuoi le sue consolazioni o perché lo ami?” E sull’interpretazione di questa dottrina Forte ha voluto ricordare Martin Lutero e Santa Teresa d’Avila.
“Il Dio che si è rivelato a Bruno che ha i caratteri che lui indicava induce necessariamente all’indagine e alla ricerca”. Ha voluto prendere spunto proprio dal racconto dei tre volti di Dio appena ricordati da Mons. Forte l’intervento di Massimo Cacciari. È il segno della rivelazione, ovvero il Segno rappresentato dalla Crocifissione, quello da indagare per credenti e atei e che richiede una continua interrogazione.
“Qualunque altra posizione, qualunque altra religione deve confrontarsi con quel segno che marca le epoche”, ha detto il filosofo, e “la verità va cercata”, la cosiddetta inquisitio veritatis di cui parlano Lombardo e Agostino, e il teologo è colui che indaga la rivelazione e fa esegesi razionale della parola di Dio.
“Il filosofo non può presupporre”, ha detto Cacciari: per lui non c’è nessuna rivelazione ed è “un laico che indaga sulla base della sola propria ragione i principi della phisis, ed è da questo atteggiamento che deriva direttamente la scienza”. “Questo impegno della filosofia di indagare secondo principi puramente razionali anzitutto la phisis, ovvero l’ambito dell’Ente, non escludeva affatto la ricerca di Dio”. Tant’è che un grande filosofo come Leibniz diceva che si comincia filosofi e si finisce teologi, “ma devi aver attraversato tutto ciò che è propriamente filosofia” per “porti la domanda certo ultima, ovvero, perché, da dove, qual è il principio di tutto ciò, vi è un inizio, vi è un fine?”, domande che “non possono essere evitate logicamente”.
“Il filosofo – ha aggiunto Cacciari, giungendo a definire alcuni passaggi di escatologia – non può assumere alcuna rivelazione presupposta, ma presuppone l’esistenza di quell’Ente, l’Essente, e ne indaga l’essenza ovvero vuole determinarlo e lo può fare soltanto relazionandolo con altro da sé, ovvero con quello che non è”. “Quando sono riuscito a definire questa cosa mettendola in relazione a tutte le altre cose – ha aggiunto il professore – avrei una definizione perfetta di questa cosa? No, perché mi mancherebbe la definizione della sua singolarità, dell’uno, dell’identità, cosa che rappresenta un limite costitutivo e insuperabile”.
“L’idea mistica di Dio è proprio questo: l’uno in cui questa dialettica di determinazione negazione viene meno e non esclude né la determinazione né la negazione, ma è una iniziale indifferenza”. “Quindi il Dio di cui ho parlato – ha chiosato Cacciari – non ha nulla a che fare con quello che ha esposto Bruno Forte, ma né il discorso di Bruno può dire nulla contro il mio discorso né il mio può dire nullo contro il suo, cioè non vi è contrarietà”.
Insomma, contrariamente, invece, alle attese di qualcuno, abbiamo registrato una sostanziale apertura di Cacciari nei confronti della ricerca di Dio verso la quale, dichiarerà più tardi, in risposta a una delle tante domande poste dal pubblico presente, ha tenuto un “atteggiamento di estrema curiosità, forse anche troppa”.
Un evento ricco, dunque, nel quale non sono mancate anche boutades sempre accompagnate da calorosi applausi che hanno sottolineato anche alcuni passaggi degli interventi.
Così come non sono mancati riferimenti politici nei quali Cacciari ha dichiarato il fallimento della sua generazione e della necessità che qualcuno ammetta le proprie colpe e si faccia finalmente da parte; ha parlato di perdita del senso del bene comune e di come oggi si viva all’insegna del possesso e le città siano divenute dei condomini, come amava ricordare qualcuno che ha ricoperto la carica di sindaco di Milano. Chiama all’impegno i giovani Cacciari, definiti innocenti, ma Forte ne attenua i toni quando dice che vi sono molti politici che si impegnano quotidianamente anche per il bene delle loro comunità.
Restano da fare i complimenti a don Gianni Sciorra, parroco di San Paolo, che ha messo in piedi un evento davvero pregevole che ben si addice alla grande tradizione culturale della città di Vasto e che speriamo possa avere anche un degno seguito.
Luigi Spadaccini
(spadaccini.luigi@alice.it)
fotoreportage di Natalfrancesco Litterio e Massimo Molino