La Corte di Cassazione, riformando parzialmente una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello dell’Aquila, ha assolto dall’accusa di ingiuria un uomo di 55 anni (Marcello M. – L’Aquila) che aveva detto a una collega di lavoro: “Giuseppì stasera ho un c….”., e poi le aveva dato una manata sul sedere. La donna ha reagito denunciando il collega per violenza e ingiuria. La Corte d’Appello dell’Aquila ha condannato l’uomo a undici mesi per la pacca sul sedere (violenza) e a venti giorni per la frase “Giuseppì stasera ho un c….” (ingiuria). La Suprema Corte (sentenza 43314, terza sezione penale) ha confermato la condanna a undici mesi per violenza sessuale mentre ha assolto l’uomo per il reato di ingiuria. Per la Cassazione non commette alcun reato chi elogia la virile tonicità del suo organo sessuale, in quanto trattasi di un apprezzamento che l’uomo rivolge a se stesso ed è quindi privo di offese alla dignità altrui. Sostiene ancora la Cassazione: si tratta semplicemente di una “terminologia volgare e ineducata”, con riferimento da parte dell’uomo non già alla parte offesa, bensì a se stesso”.