Fernando D’Annunzio, poeta vastese in lingua e dialetto, scrive fin dall’adolescenza. Da quando ha scoperto la poesia dialettale è diventato un promotore e difensore del vernacolo, per cui spesso partecipa a progetti scolastici e a trasmissioni televisive. Nel 2001 ha pubblicato la raccolta di poesie dal titolo Nghi ttutte lu core e nel 2004, il volume La Ŝtorie che comprende i testi dei primi dieci anni del ciclo di questi canti carnascialeschi, al quale è seguita nel 2014, l’edizione aggiornata di un nuovo volume de La Ŝtorie, in collaborazione con Beniamino Fiore e Pasquale Spadaccini, nel quale sono riunite le venti edizioni del canto (1995-2014), assieme a una piccola storia della tradizione carnevalesca vastese.
Com’è nata la sua passione per la poesia dialettale?
“Mi sono dedicato fin dall’adolescenza alla scrittura di poesie in lingua italiana, produzione che continuo a curare anche se più limitatamente rispetto a quella dialettale. All’età di vent’anni mi sono appassionato alla lingua dialettale, per circostanze collaterali: essendo tra i fondatori del coro polifonico Histonium “Lupacchino”, ho partecipato in veste di cantore a manifestazioni in vernacolo, che hanno suscitato il mio interesse per questa lingua. Luigi Anelli rappresenta il principale modello di poeta dialettale al quale m’ispiro”.
Come si è avvicinato alla composizione delle Ŝtorie?
“Sono stato spinto dal mio amico Carmine D’Ermilio, il quale voleva ripristinare a Vasto quest’antica tradizione che si era perduta alla fine degli anni Ottanta, dopo la scomparsa dell’ultimo grande interprete Nicola Giangrande”.
Qual è l’origine della tradizione della Ŝtorie?
“La Ŝtorie è un canto carnascialesco molto antico d’origine incerta. Si pensa che risalga all’epoca medievale: menestrelli e cantastorie improvvisavano questi pezzi ricchi d’arguzia e d’ironia che cantavano per le piazze e per le strade. Durante il periodo carnevalesco, infatti, alla gente del popolo era permesso di prendere in giro i signori: era l’unica occasione dell’anno per sfogarsi sulle prepotenze dei nobili, per cui sicuramente la Ŝtorie nasce con intenti satirici. Nelle domeniche prima della festa di Carnevale, questo canto era eseguito dalle coppie di giovani mascherati che sfilavano in corteo per le strade della città. Nelle piazze, le varie coppie, al cui interno uno dei due componenti indossava abiti femminili, si disponevano in cerchio e a turno avanzavano per cantare una strofa della Ŝtorie. Solitamente le ultime due strofe erano cantate da tutto il coro. La tradizione è stata tramandata di generazione in generazione e nell’Ottocento vanta illustri esponenti come Antonio Rossetti, fratello del poeta Gabriele e Michele Genova, altro importante poeta e arguto epigrammatico vastese”.
Quali sono le caratteristiche delle sue Ŝtorie?
“Le venti strofe hanno come tematiche gli avvenimenti più importanti che si sono verificati tra un Carnevale e l’altro, mentre tradizionalmente la narrazione poetica delle Ŝtorie si concentra su un unico fatto, riguardante qualcosa di straordinario che è accaduto a livello nazionale o mondiale o su un episodio di vita quotidiana della città. Le tematiche delle mie Ŝtorie, invece, vogliono abbracciare un ambito più completo, trattando fatti internazionali, nazionali e locali, che occupano rispettivamente un numero uguale di strofe. Durante tutto il corso dell’anno, redigo degli appunti sulle notizie che più mi colpiscono, che poi rielaboro al momento della stesura del testo definitivo, selezionando gli avvenimenti in base all’importanza e alle maggiori possibilità d’inserirli nelle strofe in modo ironico e scherzoso. Scrivo il testo nel dialetto abruzzese della zona di Vasto-Chieti per renderlo comprensibile alla maggior parte degli spettatori” .
Quali sono gli argomenti che ha inserito nella Ŝtorie 2015?
“Come sempre molto vari, parlo del terrorismo e di papa Francesco, delle elezioni europee e regionali che si sono svolte in Abruzzo, della corruzione della politica; a livello locale non manco di ricordare i festeggiamenti del gemellaggio Vasto-Perth, l’elezione a cardinale di Menichelli e l’iniziale campagna elettorale per le comunali del prossimo anno, sulla quale ho ideato questa strofa: N’addr’anne s’arifà la vutazione,/lu Uašte adà cagnà amminištrazione./Sopra a fesbukke, twitte, e rrobba varie/già di campagne s’arespire l’arie./ E ggià fanne li sundagge/ pe’ vvidé chi sta in vantagge./Ci sta cacche faccia nòve e ci sta chi c’aripròve”.
Nausica Strever