Come valorizzare le proprie competenze “Hard”? Incontro professionisti, lavoratori, imprenditori, con grandi competenze tecniche e specifiche del proprio settore, ma talvolta demotivati per il fatto di non riuscire a trasmetterle e ad influenzare positivamente come vorrebbero. Questo è piuttosto diffuso perché l’istruzione scolastica e accademica, oltre che la cultura diffusa degli ultimi decenni, si sono concentrate, soprattutto nel nostro Paese, verso le nostre competenze di settore, che seppur importanti e fondamentali non sono sufficienti per allenare al meglio altre caratteristiche oggi sempre più essenziali.
Io per esempio vengo da una formazione scolastica di stampo informatico: quando ho iniziato a lavorare in azienda avevo delle intuizioni formidabili per esempio su come organizzare le informazioni intra-uffici e informatizzarle: ottime idee, le strutturavo, ma poi faticavo tanto a farle passare in riunione. Questo perché mi mancavano alcune abilità, e perché gli elementi in gioco andavano ben oltre gli aspetti razionali, quando mi relazionavo. Esistono infatti altre competenze che sono trasversali, e senza le quali rischiamo di avere un punto di vista poco funzionale e parziale. Sono le “Soft skills” , ovvero tutte quelle abilità trasversali che sono utili per qualsiasi attività o settore.
Qualche esempio: Leadership positiva: alimentare fiducia, ispirare con una visione lungimirante, influenzare positivamente e con integrità; Comunicazione efficace, esercitata specialmente attraverso un ascolto attivo; Capacità interpersonali attraverso empatia ed intelligenza emotiva; Capacità di negoziazione anche per chi non è strettamente correlato alla vendita; Gestione efficace del tempo, per restare in equilibrio tra energie, azioni e obiettivi; Capacità di auto-osservazione a auto-valutazione, per sostituire il giudizio con strumenti di miglioramento continuo; negli ultimi tempi si è aggiunta, tra le altre, la Resilienza, ovvero la capacità di resistere alla pressione generata da eventi non positivi e di trasformarli in energia produttiva.
Allenarsi sulle soft skills vuol dire crearsi dei “pilastri” di sostegno a favore delle competenze tecniche che abbiamo e per fare arrivare correttamente ed in maniera efficace il nostro messaggio e il nostro valore. Il problema è che in questo caso anche la Formazione è talvolta poco efficace: andando in aula ci si arricchisce di nuovi contenuti ma che, essendo standard, possono essere difficilmente riproducibili nella nostra realtà e dobbiamo poi essere in grado di metterli in pratica e di personalizzarli in autonomia. Per cui nel migliore dei casi diventa un buon apri-pista, a cui poi devono seguire ulteriori azioni…che spesso svaniscono nel tempo.
L’altro rischio è che, cercando di imitare modelli standard, aumenta lo stress quando performiamo perché non ci sentiamo autentici. Ed oggi c’è molta sensibilità su questo. Per fortuna. Esiste una nuova metodologia che stanno utilizzando i migliori performer in ogni campo e che invece ha un obiettivo diverso: il coaching umanistico su base scientifica. La differenza sostanziale con la formazione tradizionale sta nel fatto che al centro viene messa la persona e non il contenuto. Un coach professionista allena il cliente ad esprimere al meglio le proprie potenzialità e ad utilizzarle in un piano d’azione concreto verso la realizzazione di propri obiettivi gratificanti.
Il coach allena la persona o il professionista quindi a conoscere meglio se stesso, a scoprire le proprie risorse, a mettere a fuoco i propri obiettivi e ad avere una strategia d’azione; a persistere nel tempo trovando le motivazioni interne che danno un senso a quello che facciamo. Nel coaching non si ricevono indicazioni ma piuttosto domande e feedback che ci fanno concentrare sulla madre di tutte le potenzialità: il senso di autoefficacia. Ovvero: quanto mi sento in grado di azionarmi per affrontare una determinata sfida o realizzare una determinata cosa.
Le altre potenzialità “madri” che vengono allenate sono: la consapevolezza (del proprio potenziale), l’autonomia (nel fare e nelle scelte), e la responsabilità (avere coscienza dell’effetto delle proprie azioni o non azioni). Scopriamo quindi, con un buon coaching, un mondo nuovo che in gran parte era già dentro di noi, una ricchezza che ci porta ad essere sempre più autentici ed efficaci, attraverso la valorizzazione delle nostre potenzialità e delle competenze che già abbiamo. Quanto è utile completare le proprie competenze Hard con quelle Soft? Di quali soft skills ho bisogno per favorire i miei obiettivi? Come mi farà sentire averle acquisite ed utilizzarle continuamente nelle mie attività?
Antonio Cecere