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Deriva petrolifera, l’altra voce: “se rispettose delle leggi e del territorio le estrazioni petrolifere non creano danni all’ambiente”.

Nel giorno in cui a Lanciano ci si prepara alla manifestazione contro la deriva petrolifera, ecco una intervista del collega Diego Vitali che racconta dell’altro modo di vedere le cose. Vitali ha incontrato Carlo Petaccia, Responsabile Regionale Energia e Petrolio della Filctem Cgil Abruzzo, con il quale ha parlato del territorio, di energia e sviluppo, affrontando gli argomenti da un interessante punto di vista: quello di chi, per mestiere, tutela i diritti dei lavoratori.
Ecco l’intervista.

In un documento della Cisl del febbraio 2014, intitolato “Energia: competitività delle imprese e sviluppo sostenibile, due elementi strategici per il Paese”, a firma del segretario Annamaria Furlan, si evidenziava quanto sia necessario “convincere i cittadini che localizzare un impianto non vuol dire aprire il varco al degrado, ma sviluppare un’opportunità che va approfondita, ragionata e sottoposta a valutazioni di rischio e di impatto ambientale, garantendo controlli e monitoraggi efficaci ed efficienti della sicurezza dei nuovi impianti”. Per quale motivo questo, secondo la CGIL, non è possibile in Abruzzo, considerate le vostre continue proteste contro la realizzazione di alcuni grandi investimenti in ambito energetico? Tali investimenti non sarebbero un’opportunità di lavoro per molti giovani costretti ad emigrare in cerca di fortuna?  Dott. Vitali, premetto che io sono il responsabile regionale per la categoria della Cgil per il settore Energia e Petrolio (la Filctem Cgil) e, in quanto tale, rispondo a titolo della carica locale che rappresento e non a nome dell’intera sigla confederale. Detto questo, la categoria della Filctem Cgil Abruzzese, così come il livello nazionale, sostiene da tempo che tutte le attività produttive DEVONO essere rispettose dell’ambiente e compatibili con le leggi esistenti. Fatta questa dovuta considerazione, gli investimenti energetici, oltre ad essere una opportunità per i giovani, sono anche necessari per il mantenimento dell’occupazione attuale.

Secondo quanto rilevato dal R.I.E. (Ricerche Industriali ed Energetiche), l’Emilia Romagna ha quasi la metà del suolo interessato da attività di sviluppo degli idrocarburi; ciononostante, il territorio si classifica come quinta tra le Regioni con maggior flusso turistico straniero col 6,2% del totale, concentrato proprio nelle coste prospicienti numerosi impanti di estrazione di gas naturale avviata oltre mezzo secolo fa. Per quale motivo l’Abruzzo non può seguire il modello Emilia? Crede che il flusso turistico dipenda dalla presenza o meno di piattaforme petrolifere o piuttosto da infrastrutture capaci di accogliere il turista? Ritengo che proprio COPIANDO alcuni modelli già esistenti, l’Abruzzo si possa rilanciare, mettendo a fattore comune le attività manifatturiere, il turismo, i servizi e l’agricoltura. Ad esempio, a Chieti si concentrano le più grandi attività di produzioni del Centro Sud che, ovviamente, hanno bisogno anche di gas per produrre. Per quanto riguarda il turismo, invece, penso che il flusso turistico si debba agevolare con la qualità del territorio e la professionalità degli operatori.

I recenti risultati della storica campagna di Goletta Verde di Legambiente hanno consegnato all’Abruzzo il triste primato delle acque quasi più inquinate d’Italia, seconde sole a quelle del vicino Molise. Secondo gli ambientalisti, il killer del mare abruzzese è ancora una volta la mancata manutenzione dei depuratori da parte delle istituzioni locali. Alla luce di questo dato, perché additare l’industria petrolifera come una potenziale fabbrica di inquinamento, nonostante uno studio di Confindustria Chieti abbia dimostrato come, dal 1956 a oggi in Abruzzo, l’attività di ricerca e produzione di petrolio non abbia mai provocato incidenti da cui siano derivati danni all’ambiente o alla salute dei cittadini”? La vera battaglia da fare per l’inquinamento in Abruzzo verte prima di tutto sulla situazione esistente. La mancanza di fondi, le politiche restrittive e il malaffare hanno esasperato i veri problemi. Fiumi pieni di fitofarmaci, depuratori non funzionanti, sottosuoli pieni di rifiuti pericolosi e le emissioni di CO2 delle aziende non rispettose delle leggi vanno sanati per ripulire il territorio, i fiumi ed il mare. La prima estrazione di idrocarburi a carattere industriale in Abruzzo ha avuto luogo nel lontano 1956, è avvenuta ad Alanno (PE) portando all’epoca solo benefici. La vecchia SIV (società italiana vetro) oggi Pilkington di San Salvo (CH) ha fatto non solo la sua fortuna, ma anche quella del territorio con il gas estratto a Montalfano di Cupello (CH). Pertanto, concordo sul fatto che, anche da un punto di vista statistico, le estrazioni regolari e controllate non creano danni all’ambiente.

Sempre secondo uno studio realizzato da Confindustria Chieti, se tutte le richieste per attività di ricerca, coltivazione e stoccaggio di petrolio e gas che interessano il territorio abruzzese venissero accettate, si genererebbero 1,4 miliardi di euro di investimenti totalmente privati e quindi aggiuntivi rispetto alle risorse pubbliche per lo sviluppo. Quest’imponente mole di denaro genererebbe un’occupazione aggiuntiva di circa 8000 nuovi posti di lavoro nei 4 anni successivi all’investimento. Per quale motivo la CGIL ignora l’importanza di queste cifre e continua a schierarsi contro il petrolio in Abruzzo? Qual è allora la vostra valida alternativa per creare nuovi posti di lavoro e far ripartire l’economia locale? Credo che le evidenze emerse dalla prima parte dello studio, quella per intenderci relativa all’occupazione, siano ancora da verificare. Tuttavia, per quanto riguarda la politica estrattiva, la Filctem Abruzzo sostiene che, da oggi fino al 2050/2060, sia indispensabile supportare e vigilare il corretto utilizzo di gas e olio per poter così arrivare al completo utilizzo delle energie “pulite”. E’ una scommessa che va rispettata perché lo impone la Comunità Europea. All’interno di questo scenario, sono però convinto che le royalties siano un’opportunità che vada colta, altrimenti l’Abruzzo rischia di perdere anche questo treno.

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