Anche dal comune di Vasto si leva, dopo quella di otto sindaci dei dieci interessati, un no deciso alla perimetrazione del Parco della Costa teatina ed è quello degli esponente del PSI che si sono fatti sentire attraverso un comunicato a firme del capogruppo nell’Aula Vennitti Gabriele Barisano, che esprime la netta contrarietà alla proposta di De Dominicis.
“Noi socialisti confermiamo la bontà della scelta di istituire il Parco, strumento utile per la valorizzazione delle bellezze naturali del nostro territorio e come strumento di volano per lo sviluppo turistico/imprenditoriale di tutta la costa – scrive il PSI – La proposta presentata dal commissario invece va nella direzione opposta, e sembra anche senza un senso logico, a guardare le mappe si nota che il parco esclude alcune zone che sono già riconosciute e tutelate come zone verdi, mentre altre, si veda il porto di Vasto, sono dentro il perimetro del Parco. Scelta incomprensibile e poco lungimirante, così si rischia di frenare lo sviluppo delle attività economiche del territorio. Ribadiamo, il Parco deve riuscire a tutelare le meraviglie della nostra terra ma al contempo non deve bloccare la crescita del territorio”.
“Addirittura – scrive ancora Barisano – sulla mappa si evince che il Parco è a macchia di leopardo, alcune zone non sono collegate tra loro, non c’è continuità territoriale. Noi non sappiamo se l’ipotesi adombrata da alcuni esponenti politici che il commissario si sia basato su mappe non aggiornate corrispondano al vero, sicuramente la proposta di perimetrazione va modificata. Abbiamo già interessato i nostri referenti politici, a tutti i livelli compreso il vice ministro Nencini perché si adoperino per bloccare al ministero l’adozione del Parco con questa ipotesi di perimetrazione”.
Per una voce contraria eccone alcune favorevoli che se la prendono soprattutto verso i sindaci che non hanno molto gradito l’essere espropriati del diritto di dire la propria e di poter governare i propri territori. Si tratta della voce degli ambientalisti di WWF, Legambiente, Arci, FAI, Italia Nostra, Pro Natura e Marevivo, che definiscono “sconcertante l’atteggiamento dei sindaci”.
“L’ultima trovata di questi primi cittadini – accusano – è quella di contestare il commissario per la perimetrazione per l’uso di carte topografiche “datate” e non abbastanza dettagliate. Non sta certo a noi difendere l’operato dell’arch. Pino Di Dominicis: gli abbiamo più volte dato atto di avere agito con rapidità ed efficienza ma continuiamo a rimproverargli di aver ceduto a immotivate paure disegnando un’area protetta davvero ridotta al minimo indispensabile. Un errore che, ne siamo convinti, si correggerà nel tempo, quando i vantaggi connessi alla presenza all’interno del Parco soprattutto dei territori agricoli saranno resi evidenti dai fatti”.
Sono dunque gli ambientalisti a fungere da avvocati difensori dell’Architetto anche sul caso della datazione delle carte che “va chiarito ai cittadini che le carte “datate” sono quelle ufficiali, 1/25.000, della Regione Abruzzo e della Provincia di Chieti. È vero che possono esserci delle costruzioni non rappresentate, ma questo dipende solo dal fatto che la cementificazione (della quale le amministrazioni comunali sono le prime responsabili) è assai più veloce rispetto all’aggiornamento delle cartografie! (e qui, però, diciamo che forse sarebbe il caso di chiarire se quelle carte sono davvero del 1954, ovvero vecchie di 60 anni in cui non sono stati eseguiti aggiornamenti, ndr).
È inoltre evidente, per chiunque non sia in malafede, che un segno di matita su una carta 1/25.000 corrisponde a una fascia ampia che va a volte interpretata sul posto come è accaduto per alcune incongruenze sul porto di Vasto, subito corrette dal commissario su segnalazione della Capitaneria di porto (si vuol dire che il porto di Punta Penna non rientra più nel perimetro? ndr) . Si poteva agire allo stesso modo per altre eventuali punti critici, senza bisogno di tentare vanamente di togliere valore al lavoro svolto”.
Chiuso il capitolo carte topografiche gli ambientalisti tornano a parlare del Parco come “una occasione per il territorio” che “appare evidente a chiunque voglia guardare alla situazione delle nostre coste senza paraocchi e senza legami a quel passato condizionato da resort, porti a go-go e colate di cemento a ogni costo”.
Per WWf, Legambiente e c. “questi sindaci peccano di coraggio e di visione di futuro, incapaci di raccogliere la sfida per uscire dal petrolio e dall’economia del novecento e di costruire un percorso green di sostenibilità per le future generazioni”… e “comicamente temono un parco esteso per poco più di 10.000 ettari di territorio che peraltro è comunque in gran parte (circa seimila ettari) già protetto da normative internazionali, nazionali e regionali”.
“E’ palese ormai – continua l’accusa degli ambientalisti ai sindaci – che questo modo di amministrare non è distante dalle logiche dello Sblocca Italia ed esprime la stessa corresponsabilità che ci condanna alla deriva petrolifera.
Per questo come associazioni chiediamo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di rispettare la procedura trasmettendo la perimetrazione predisposta in regime commissariale al Presidente della Repubblica per la firma del relativo decreto”.