E’ confronto a muso duro sulla questione del selecontrollo dei cinghiali tra le organizzazioni professionali e i cacciatori dopo l’annuncio dell’indizione di uno sciopero da parte dei capisquadra teso a non iscriverle per la caccia al cinghiale nella prossima stagione venatoria 2015/2016 ormai d’imminente apertura. Un’azione sollecitata anche dal rappresentante regionale di ‘Libera Caccia’, Antonio Campitelli, e che Copagri Abruzzo definisce “incomprensibile ed inconcepibile”
“Il regolamento adottato dalla regione Abruzzo per il contenimento della specie cinghiale – scrive Camillo D’Amico, presidente di Copagri Abruzzo – va attuato senza “se” e senza “ma” tra l’altro, lo stesso, è già stato modificato dopo la prima emanazione essendo stati accolti suggerimenti migliorativi fatte dalle organizzazioni agricole e venatorie e, solo dopo la prima attuazione che dovrà avvenire sull’intero territorio regionale, saremo i primi a farci carico di sollecitare le dovute correzioni”.
In una formale istanza avanzata, con carattere di urgenza, all’assessorato regionale alle Politiche Agricole, alla provincia di Chieti ed ai Presidenti degli Ambiti Territoriali di Caccia (A.T.C.) Chietino – Lancianese e Vastese perché trovino la soluzione alla questione sciopero, D’Amico scrive anche: “Riconfermiamo che l’esercizio della caccia è una “passione” e non un “lavoro” quindi sono gli interessi di chi vive primariamente dell’attività agricola che debbono prevalere e non altri.
Rammentiamo che l’avviata operazione di selecontrollo lo consideriamo solo come uno degli aspetti tesi al contenimento numerico e, per questa ragione, torniamo a sollecitare nuovamente l’istituzione di un tavolo tecnico – politico – istituzionale che metta in cantiere anche altre azioni efficaci. In questo tavolo Noi riteniamo debbano essere presenti anche i rappresentanti delle associazioni venatorie ed ambientaliste così che nessuno possa strumentalmente chiamarsi fuori dal governo di questa emergenza.
Riteniamo che una campagna di costante abbattimento numerico del cinghiale, con i doverosi controlli sanitari dei capi e la creazione di una sinergica filiera produttiva, può generare concrete opportunità di lavoro ed occupazione”.
Un passaggio viene dedicato anche al Parco della Costa teatina e alle necessità di intervenire anche su altri ungulati.
“Ribattiamo, per doverosa ed ulteriore chiarezza – scrive D’Amico – che l’istituendo Parco Nazionale della Costa Teatina potrà rappresentare un opportunità di sviluppo sociale ed economico del nostro territorio dove però l’agricoltura dovrà rappresentare la principale fonte di preoccupazione di tutti alfine di avere produzioni di pregio e qualità. Ovviamente il governo del territorio dovrà avvenire con il concorso partecipato di chi rappresenta le popolazioni locali per scrivere e stabilire delle regole che non sostanzino penalità ma potenzialità.
Tra queste regole anche quelle tese ad azioni che consentano la limitazione numerica degli ungulati che, oltre al cinghiale, comincia a contemplare anche cervi e caprioli”.