Nel Paese dei mille campanili ne sta per nascere un altro. Accadrà a Vasto, nella periferia di San Paolo, dove, giovedì scorso, è stata messa la prima pietra di un campanile per la chiesa che dà il nome al quartiere. C’era anche il vescovo, Bruno Forte, per questo atto simbolico che, secondo il sindaco Luciano Lapenna, «rappresenta un ulteriore passo avanti verso l’unione tra il centro cittadino e il quartiere San Paolo, che deve lasciare la connotazione di periferia». Ma una campanile senza un piazza intorno è come un’opera non terminata. Così il parroco, don Gianni Sciorra, ha chiesto all’amministrazione comunale di costruirne una. Questa del campanile di San Paolo è una storia di quartiere come un’altra che, però, richiama alla mente quell’Italia umile e decorosa che la mia generazione ha imparato ad amare sui banchi di scuola. Un amore nato grazie anche a quelle vere preghiere laiche che sono le poesie recitate a memoria. Versi che hanno la persistenza di un mantra. Come l’inizio del “Passero solitario” – «D’in su la vetta della torre antica/Passero solitario, alla campagna/Cantando vai finchè non more il giorno» – dove la torre antica è il campanile di Sant’Agostino a Recanati. Forse anche per questo, per me, un quartiere senza chiesa e senza campanile è quasi sempre solo un agglomerato di case.
Giuliano Di Tanna
(fonte il centro)