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La Conferenza delle Regioni ha approvato il documento di Termoli contro la deriva petrolifera

La Conferenza delle Regioni, che si è tenuta questa mattina, ha approvato all’unanimità il documento sottoscritto il 24 luglio scorso a Termoli dai rappresentanti di sei Regioni italiane, riunite per condividere una visione ed una politica comuni sul tema della ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare.

In quell’occasione avevano apposto la loro firma nl calce al documento i presidenti delle Regioni Abruzzo Luciano D’Alfonso, Basilicata Marcello Pittella, Molise Paolo di Laura Frattura, Puglia Michele Emiliano, il vicepresidente della Regione Marche, Anna Casini, e per la Calabria l’assessore all’Ambiente, Antonella Rizzo.

Stamane a rappresentare l’Abruzzo c’era il sottosegretario alla Giunta delega all’Ambiente, Mario Mazzocca, il quale ha manifestato il proprio apprezzamento per il voto unanime delle Regioni italiane sul documento.

“E’ un ulteriore importante accadimento – ha commentato – con cui il Governo dovrà confrontarsi. Se il documento di Termoli poteva essere interpretato come una manifestazione di volontà di una parte dell’Italia, con la sottoscrizione dei referendum e l’odierna unanime validazione da parte della Conferenza delle Regioni riteniamo che si sia in presenza di un fatto politico dirompente e dirimente, con il quale il Governo centrale dovrà necessariamente fare i conti”.

“Siamo consci – conclude Mario Mazzocca – che l’obiettivo, pur se avvicinatosi progressivamente soprattutto negli ultimi mesi, non è stato ancora raggiunto; non un punto di arrivo, dunque, ma un’ulteriore importante stazione intermedia lungo l’accidentato percorso del perseguimento di un modello di sviluppo finalmente e fattivamente improntato a criteri di reale sostenibilità. Un modello che oggi non è più solo dell’Abruzzo e di qualche altra Regione meridionale, ma dell’intera comunità nazionale”.

Vediamo i punti fondamentali del documento di Termoli, sottoscritto in luglio:

  1. condivisa preoccupazione per lo sviluppo incontrollato di attività estrattive in zone costiere oltre che di pregio storico e naturalistico;
  2. mantenimento in capo Comunità regionali della prerogativa di elaborare le scelte di protezione e valorizzazione delle proprie coste e del mare, da intendersi beni comuni e irrinunciabili;
  3. necessita’ del graduale superamento della attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in quanto basata sul consumo di fonti energetiche fossili, e contestuale progressivo ricorso a fonti energetiche alternative e rinnovabili;
  4. ineludibilita’ della concertazione con le Comunità regionali del mantenimento di attività estrattive nei tratti di mare prospicienti le coste, elevando il tema ad una più consona dimensione europea;
  5. urgenza di una Cabina di Regia nazionale fra Regioni costiere e competenti organi dello Stato, che elabori scelte condivise sulle aree nelle quali avviare o mantenere attività estrattive;
  6. centralità della via della condivisione e del dialogo con l’amministrazione centrale e richiesta ed al Governo dell’immediata apertura di un tavolo di confronto di caratura stabile e duratura;
  7. ricorso a tutti i mezzi (strumento referendario incluso) previsti o consentiti dell’ordinamento italiano, europeo ed internazionale, qualora non si consentano forme di condivisione e di dialogo.

Dal momento della sottoscrizione del documento in riva all’Adriatico molisano si sono susseguiti ulteriori passaggi nella lotta soprattutto alle attività di ricerca e coltivazione nell’Adriatico a cominciare dal concordamento dei testi dei quesiti referendari il 18 settembre scorso a Bari in occasione della ‘Fiera del Levante’, alla materiale sottoscrizione (il 30 settembre 2015, da 10 Regioni) della relativa richiesta di Referendum abrogativo delle norme che consentono e facilitano la ricerca e le estrazioni di petrolio sia in mare che sulla terraferma; in ultimo la manifestazione dci protesta dinanzi al MISE a Roma della scorsa settimana.

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