Hanno cominciato a sinistra a dirsi diversi, diversi dalla Dc che tutto faceva e tutto mangiava. Poi Tangentopoli ha messo tutti, o quasi, nello stesso sacco. La diversità, in politica, non esiste. E non si è diversi per categorie o per simboli di partito. Spero l’abbiano capito anche i grillini e i leghisti che, a battaglie talvolta giuste e sacrosante, alternano sparate senza senso.
Quando arrivano gli arresti, la diversità va a farsi benedire. A sinistra, a destra, al centro e tra i cosiddetti populisti. Quando Salvini si batte contro i clandestini, contro l’Europa dei burocrati, contro la globalizzazione selvaggia che ha ucciso i commercianti e gli artigiani di casa nostra, compie azioni sane e giuste; quando dice che la magistratura è una schifezza, dice una colossale sciocchezza, fa la pipì fuori dal vaso perché non distingue il serio operatore della giustizia dalla giustizia macchinosa e lenta, che attende da sempre una riforma decente. Gli epuratori hanno tutti lo stesso destino: prima o poi vengono epurati.
Chi scende in Abruzzo a caccia di candidati a sindaco specchiati, dimentica le lauree finte comprate in Albania con i soldi del partito, dimentica che la Lombardia non è legittimata a dare lezioni di moralità ad altre regioni d’Italia. Quando arrivano gli arresti, la diversità va a farsi benedire. Insieme al garantismo, purtroppo. Perché ci hanno insegnato che fino al terzo grado di giudizio si è innocenti. Ma vale sempre, per tutti, non solo per chi opera oltre il Po.
Davide D’Alessandro