La problematica oggetto del “referendum anti – trivelle” del prossimo 17 Aprile non può essere affrontata soltanto in termini, appunto, referendari, ma rispetto a cosa si vuole fare in materia di tutela del territorio, quali scelte di politica energetica, quale piano energetico nazionale, cosa fare per valorizzare le reali potenzialità dell’Italia in merito all’agroalimentare, al turismo, alla cultura, all’arte, in sostanza alle eccellenze del nostro Paese.
Se dunque, le scelte in materia di strategia energetica fatte in passato potevano essere giustificate, quando l’alternativa al fossile era sostanzialmente il nucleare su cui l’Italia si era espressa negativamente, non è pensabile che al 2016, con le attuali tecnologie per la produzione di energie rinnovabili e il tema del cambiamento climatico, lo Stato imponga alle regioni il mantenimento delle attuali autorizzazioni.
Il mondo a Parigi, alla COP 21, ha sancito un impegno globale a mettere in atto politiche e misure per il contenimento entro i 2 gradi centigradi e possibilmente entro 1.5.
Il Governo italiano dopo un periodo di incentivazione delle energie rinnovabili che ha portato a risultati inaspettati in termini di capacità installata, il settore da più di un anno è in attesa del decreto per l’incentivazione delle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico; stessa cosa dicasi per il decreto per l’incentivazione del biometano che da due anni non vede ancora l’attuazione nonostante si stima al 2030 una capacità di produzione di biometano da matrici agricole di circa 8 MLD, il 10% dell’attuale fabbisogno di gas in Italia.
L’Agricoltura in particolare ha dimostrato in questi ultimi 10 anni di saper produrre sia ottimi prodotti agroalimentari che bioenergie, sviluppando al contempo molti posti di lavoro e lasciando sul territorio la ricchezza della filiera. Aspetto quest’ultimo che non si ha nello sviluppo dei fossili.
Va poi sottolineato che da una parte il parlamento promuove la realizzazione delle oil free zone (aree in cui l’energia è prodotta solo da fonti rinnovabili), attraverso il collegato ambientale, e parallelamente inserisce la proroga delle autorizzazioni per la coltivazione di idrocarburi in mare.
Perché dare l’ok alle trivellazioni e non insistere sugli aspetti della filiera delle energie rinnovabili che oggi vedono l’Italia all’avanguardia?
Come settore agricolo, riteniamo che il Governo italiano debba scegliere in maniera chiara la strada della green economy, per salvaguardare il clima, il mare, l’ambiente la biodiversità e l’economia del paese.
Soprattutto per un paese come l’Italia, che con il suo territorio e l’elevato livello di biodiversità, deve buona parte del suo PIL ad Agricoltura e Turismo dove, in Abruzzo, va presto conclusa e definita l’interminabile vicenda del costituendo Parco Nazionale della Costa Teatina conferendo un deciso ruolo di “governance” di vera partecipazione alle istituzioni locali.
Per tutto quanto questo riteniamo ineludibile che il governo regionale adotti tutta la sua influenza ed autorevolezza per proporre a quello Nazionale un profondo ripensamento sulla politica energetica da basare su una profonda riconsiderazione del comparto agricolo quale settore strategico alla tutela dell’ambiente, del paesaggio sinergico ad un turismo sano ed ecostostenibile.
Camillo D’Amico
Presidente regionale Copagri Abruzzo