È morto Alvise Zorzi, storico, grande e appassionato studioso della Serenissima Repubblica. La sua Storia di Venezia, opera monumentale, è il punto di riferimento imprescindibile di chi voglia accostarsi al difficile mondo della ricerca sui fatti e sulle idee dei secoli passati, ricerca resa più problematica per quell’invisibile argine che la storiografia ufficiale ha scavato attorno alle vicende umane.
A scuola si studia, spesso su testi noiosi e privi di spessore culturale, una verità di comodo, ad uso e consumo di quella dittatura massmediatica, molto spesso anticristiana, che degrada in propaganda spicciola. Che però ha un suo peso nella formazione dei giovani e, più in generale, di una mentalità diffusa e condivisa. Prendiamo ad esempio il cosiddetto risorgimento, che solo ora, a fatica, ci viene restituito da un manipolo di studiosi, coraggiosi e controcorrente, per quello che è, vale a dire una immensa sciagura ed un enorme latrocinio ai danni del Meridione, una terra del tutto diversa da quella che vogliono farci credere. I dati macroeconomici ci parlano di uno Stato napoletano che aveva dei punti in più rispetto agli altri Stati preunitari, mentre dalle brume del tempo le cronache successive allo sbarco dei Mille (“pendagli da forca” come definiti dallo stesso Garibaldi) ci parlano di un genocidio ad opera dei fratelli liberatori venuti dal Nord, perché di questo, esattamente, si tratta, e di stupri a buon mercato. E noi festeggiamo il 17 marzo.
Alvise Zorzi faceva parte di quegli intellettuali che amano guardare in faccia la realtà, che non si accontentano della banale e accomodante verità pre-confezionata. Dalla sua opera traspare, nel rigore scientifico e nella robusta impostazione, l’amore per la sua terra, la Venezia dei commerci e delle flotte, della classe dirigente preparata e colta, con i suoi pregi e i suoi difetti. Ma anche della Repubblica umiliata dall’invasione napoleonica, una città nella quale, a quel tempo, dire pubblicamente “viva San Marco” comportava la condanna a morte. È uno dei tanti punti sui quali inciampa la storiografia ufficiale: i lumi, portati dalle baionette francesi, si scontrarono, in una lotta impari, con i forconi dei popolani che dalle Alpi alla Calabria (la Sicilia, come noto, fu risparmiata dall’invasione francese) avvertivano come odiosa l’imposizione armata di una presenza straniera tracotante e oppressiva. Come al solito, è il popolo a non capire, come nella lezione di Vincenzo Cuoco e dei filo-francesi in genere. E così le Insorgenze, che si estesero su tutta la parte peninsulare italiana, vengono relegate, nel migliore dei casi, in un ambito di qualche rigo sui libri di testo ad uso delle scuole.
Con Alvise Zorzi perdiamo uno storico che sapeva cantare al di fuori del coro, uno che ti faceva innamorare nella lettura e nello studio. Rimane in ogni caso quello che ha scritto.
Giacinto Zappacosta