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Vasto, «Aiuto, mio marito mi ha rapito i figli»

 

Sola contro tutti, in un paese straniero, lotta per poter riavere con sé i suoi figli. Aggredita e selvaggiamente picchiata dall’ex marito egiziano, è pronta a tutto per poter riportare in Italia i due bimbi.

È l’incubo che sta vivendo Antonella Grassi, una giovane donna della provincia di Chieti, figlia di un imprenditore edile di Vasto, che dieci anni fa torna dalla vacanza in Egitto innamorata di un ragazzo del posto.

Lui viene in Italia a trovarla e all’inizio sembra che la storia d’amore possa essere a lieto fine. Tanto che i due si sposano e hanno due figli. Ma alle continue richieste di soldi da parte di lui, il matrimonio inizia a traballare. I soldi servono per comprare un bar e due appartamenti. Tutti in Egitto e tutti intestati solo a lui. Quando lei smette di passargli il denaro, comincia il calvario.

L’ultimo viaggio in Egitto, dalla famiglia di lui, segna il punto di non ritorno. Da quel viaggio, infatti, la donna non tornerà più in Italia con i suoi due bimbi piccoli. Il marito la costringe a salire sull’aereo da sola, mentre lui rimane in Egitto con i figli.

Lei, costretta ad accettare l’imposizione, torna sì a casa, ma ben presto si riorganizza e risale su un altro aereo diretto ad Hurghada, nota località turistica egiziana dove vive la famiglia del marito e dove ha incontrato l’uomo dieci anni prima nella spensierata vacanza da ragazza. Qui affitta un appartamento per stare vicino ai figli e inizia la battaglia legale per ottenere il divorzio e la custodia dei bimbi. Ma qui è anche sola, in una terra straniera, senza la protezione della famiglia e del suo ambiente culturale, alla mercè di un marito violento. Lui prova perfino a mandarla in galera. Inventa un adulterio e la denuncia alle autorità giudiziarie.La donna si fa pure due giorni di carcere. Ma viene subito rimessa in libertà, perché le accuse (sostenute tramite una videocassetta in cui la protagonista dell’adulterio era pressoché irriconoscibile) non tengono alla prova dei fatti.

L’uomo con cui avrebbe dovuto tradire il marito le manda pure una mail in cui dice che, essendo stato pagato, è disposto a ritrattare la deposizione contro di lei, se avesse ricevuto più soldi della prima offerta. La donna ovviamente porta il contenuto della mail davanti al giudice e riesce a chiudere la parentesi del carcere.

A quel punto il marito prova a fermarla con altri mezzi. Va nell’appartamento preso in affitto e l’aggredisce in casa. La picchia fino a provocarle lesioni e fratture. Tutte certificate dai medici dell’ospedale. Tutto materiale che lei sta faticosamente raccogliendo, a costo di dolore e sangue, per riuscire ad ottenere la custodia legale dei figli. Non ha intenzione di arrendersi: «Il mio ex marito», dice, «fa di tutto per fabbricare prove contro di me e non mi fa parlare con i bimbi. Ma pochi giorni fa mi ha fatto recapitare un messaggio vocale in cui sono loro che mi chiedono di non chiamare più. Figurarsi, ripetono ciò che il padre gli ordina. Cosa volete che dicano due bimbi spaesati di otto e sei anni?»

Nel frattempo sul suo cammino trova l’aiuto di due professionisti che dall’Italia cercano di sbrogliare quello che è diventato un difficilissimo caso di giustizia internazionale. Uno è Bruno Poli, che da decenni combatte per i figli sottratti all’estero da un genitore all’altro, e l’altro è l’avvocato Alessandro Righetti. Si è mobilitata anche la Farnesina, che ha ordinato al console onorario tutta l’assistenza possibile alla donna. Al momento, però, azioni concrete non se ne sono ancora viste. Per quanto riguarda il procedimento processuale in corso al Cairo, due giorni fa c’è stata una nuova udienza ma il verdetto pare ancora lontano. La donna chiede il divorzio e l’affidamento dei figli. In occasione dell’udienza, la madre è riuscita a passare un’ora di tempo con i figli. Secondo Poli, la donna sta

rischiando la vita. «Il marito l’ha minacciata di morte», dice, «visti i precedenti non c’è da rischiare. Abbiamo chiesto un carabiniere almeno durante l’udienza per accompagnarla al palazzo di giustizia del Cairo e metterla al sicuro. È possibile che il caso Regeni non abbia insegnato nulla?»

Arianna Iannotti (ilcentro)

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