Nei tempi passati a San Salvo pochi potevano permettersi di acquistare un orologio da polso o da taschino. Erano le campane che regolavano e accompagnavano la vita della comunità. Il campanile della chiesa di San Giuseppe risalente al XIII era dotato di tre campane: la cambanèlle, la mezzàne e la cambàne grosse suonate a mano.
La campanella annunciava il sorgere del sole; a mezzogiorno la campana mezzana dava l’annunzio dell’Angelus (l’uso della sonata risale al medioevo e serviva per scandire il lavoro dei campi e per ricordare la preghiera ai contadini). Alle 3 del pomeriggio con 33 rintocchi molto cadenzati la campana grossa ricordava 33 anni e l’ora della morte di Gesù Cristo (vendunòre). A quell’ora di solito in estate non volava neanche una mosca, si sentivano le cicale, e molti al sentire il suono, si facevano dovunque si trovavano, il segno della croce. Prima del tramonto, il campanone scandiva l’Ave Maria (l’ avemmarè) riservato a coloro che si trovavano ancora in cammino, perché si affrettassero.
Durante il temporale tutte e tre si mettevano a suonare all’unisono per allontanare la tempesta e i fulmini. Quando c’era un pericolo il suono era a “martello” (un colpo per volta, come il martello che fa sull’incudine). Oggi, quando le campane rintoccano, nessuno riesce nemmeno ad ascoltarle, soffocate dal frastuono del traffico e dell’attivismo incalzante.
Ma il ricordo della mia generazione va con gratitudine al suono delle campane che scandiva la vita del paese ed era ascoltato con grande commozione e devozione.
Michele Molino