Banner Top
Banner Top

Una riflessione sul 1817 “L’anno della paura”

Si è tenuto martedì 8 agosto presso i Giardini di Palazzo d’Avalos il convegno “1817-2017. Anniversari che definiscono la storia”, organizzato dalla Società Vastese di Storia Patria, con il patrocinio del Comune di Vasto.

Nell’occasione la presidente del sodalizio, prof.ssa Gabriella Izzi Benedetti, ha presentato la sua ricerca “ 1817, l’anno della paura”, un’approfondita analisi sulla terribile epidemia che quell’anno provocò a Vasto oltre 2.500 vittime. La prof. Izzi ha illustrato le cause ad ampio raggio, partendo non solo dallo scoppio del vulcano Tambora in Indonesia che ebbe gravi conseguenze in tutto il globo, ma soffermandosi anche sulle pregresse epidemie, carestie, “peste di guerra” in Italia e in Europa. Il filo conduttore delle sue ricerche è che cambiamento climatico,  carestia ed epidemia sono tutt’uno e si influenzano a vicenda. Per esempio la mancanza di cibo nelle campagna portò masse di contadini nelle città dove c’era l’ammasso del grano. Vivevano in condizioni igieniche estremamente precarie in cui facilmente attecchivano le epidemie.

Il geologo Elio Bitritto ha ampliato il concetto parlando di “Catastrofi naturali, carestie, epidemie”, soffermandosi sulle conseguenze degli scoppi dei vulcani esplosivi. Due scoppiarono nel 1812 e nel 1814, ma fu il terzo il Tambora in Indonesia nel 1815 che provocò un disastro globale, immettendo grandi quantità di cenere vulcanica negli strati superiori dell’atmosfera. Successe che la temperatura globale si abbassò poiché la luce solare faticava ad attraversare l’atmosfera. In più si ritiene oggi che a tale problema di sia aggiunto anche la emanazione di meno energia da parte del sole. Ci fu un raffreddamento totale a livello globale e il 1816 fu chiamato “l’anno senza estate”. A Vasto i primi mesi dell’anno furono estremamente piovosi a fine marzo fece neve alta e il 1° aprile le nevi si sciolsero di colpo per un vento caldo, e la parte di Vasto che va dalla loggia Amblingh alla zona verso sud, sprofondò creando l’attuale dirupo.

La parola quindi è andata all’architetto Giuliano Di Menna e al biologo Francesco Pinchera, che si occupano di ambiente e tra l’altro seguono anche il CISDAM – Centro Italiano di Studi e di Documentazione sugli Abeti Mediterranei – un punto di riferimento per gli studiosi del settore., Hanno trattato il tema “Dal disboscamento dei primi dell’800 al cambiamento climatico”. Di Menna ha subito puntualizzato che “quello che ci circonda racconta ciò che abbiamo fatto nel tempo” e mostrando alcune slide relative a Pollutri ha fatto rilevare che alcuni residui sparsi sul territorio dimostrano in effetti che nella zona c’erano ben 6 boschi, tutti adibiti ora a vigneti. Il disboscamento ha reso più vulnerabile il nostro territorio. Francesco Pinchera invece si è soffermato a lungo su un concetto importante: “gli eventi estremi diventano sempre più probabili” e bisogna “andare più lontano nel passato per capire il prossimo futuro”. Nessuno dei viventi si ricordava una slavina a Rigopiano, ma se si fosse risalito indietro nei secoli probabilmente qualche episodio del genere si era già verificato.

Moderatrice dell’incontro è stata Lucilla Serafino Vallone e le letture sono state affidate a Raffaella Zaccagna Di Rienzo.

Nicola D’Adamo (noivastesi)

  • IMG_7179
  • IMG_7180
  • IMG_7181
  • IMG_7185


Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli
Griglia in fondo agli articoli

Related posts

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.