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Agricoltura, il bilancio ad un anno dal sisma

Ad un anno di distanza da quel terribile 24 agosto 2016 in cui venne messa letteralmente in ginocchio l’economia agricola di una grossa fetta di regione, numerose attività sono state poste in essere per ripristinare condizioni di lavoro accettabili nelle aziende degli agricoltori e degli allevatori abruzzesi colpite dal sisma. Fienili e capannoni crollati, centinaia di animali deceduti o feriti, calo della produzione, impossibilità di arrivare alle stalle per foraggiare gli animali. Questo il preoccupante scenario all’indomani dei tre eventi calamitosi che, in pochi mesi, hanno colpito l’Abruzzo e le tre regioni limitrofe. L’assessore alle Politiche agricole, Dino Pepe, e la sua struttura si sono immediatamente attivati coordinandosi con le altre Regioni, con il Ministero per le Politiche Agricole e con lo stesso ministro Maurizio Martina dapprima per tamponare l’emergenza e via via per favorire il ritorno alla normalità attraverso la ricostruzione di stalle e fienili e la collocazione di prefabbricati rurali, i cosiddetti

M.A.P.R.E. Ad oggi, in relazione agli interventi effettuati a favore del settore zootecnico, sono stati consegnati 11 M.A.P.R.E., moduli abitativi prefabbricati rurali, per quanto concerne gli eventi sismici del 24 agosto e del 30 ottobre per un costo complessivo, per l’Abruzzo, di circa 600mila euro. Riguardo alle stalle, in Abruzzo ne sono state ricostruite già 17 se si considera anche l’evento calamitoso del 18 gennaio scorso. Riguardo, infine, ai fienili, è stato ricostruito il 100% di quelli danneggiati dal primo e dal secondo evento sismico e quindi i nove fienili danneggiati sono tornati alla piena operatività. Ora si sta lavorando su quelli danneggiati dall’evento del 18 giugno scorso. Per il loro ripristino è stato stimato un costo pari a 2 milioni 900mila euro. Un ruolo importante lo ha avuto anche lo spirito di solidarietà tra Regioni tanto è vero che la Commissione nazionale per le politiche agricole composta degli assessori regionali all’agricoltura tenutasi, a fine luglio, a Civitella del Tronto, ha assegnato l’erogazione di 46 milioni 669mila euro alla Regione Abruzzo per far fronte ai danni. Le risorse saranno erogate attraverso il Fondo di solidarietà per gli eventi sismici e nevosi che ha previsto il sostegno anche alle altre regioni colpite nel centro Italia. Il fondo di solidarietà complessivo ammonta a 300 milioni di euro ed è frutto del contributo del PSR, il piano di sviluppo rurale delle regioni italiane che è pari a 261 milioni 730mila euro e dei programmi del Ministero delle Politiche Agricole per un importo di 38 milioni 206mila euro.

Le risorse saranno erogate attraverso bandi dedicati a partire da gennaio 2018. “Questo contributo è frutto della solidarietà delle regioni italiane – ha spiegato l’assessore alle Politiche agricole Dino Pepe – ed ha rappresentato un segnale forte e profondo verso i territori colpiti dagli eventi calamitosi. Basti pensare che solo l’Abruzzo ha perso circa 150mila capi tra ovini, suini, bovini e polli e subito danni che ammontano, solo nel comparto agricolo, a circa 150 milioni di euro”.

A seguito degli eventi sismici e delle nevicate eccezionali di gennaio, la Regione e, nello specifico l’Assessorato alle Politiche agricole, si è attivata subito per aiutare le aziende agricole rimaste isolate a causa della neve o distrutte dal terremoto attraverso iniziative specifiche come l’allestimento di strutture mobili (stalle e magazzini) e anche attraverso l’erogazione di un contributo straordinario agli allevatori pari a 400 euro a bovino, 60 a ovino e 20 a suino.

“Rispetto al terremoto del 2009, – ha proseguito Pepe  – l’Abruzzo ha, quindi, ottenuto molto di più se si considera che, all’epoca, il contributo erogato fu soltanto di 14 milioni di euro. Ma il nostro compito non si è certo esaurito con la consegna delle stalle mobili agli allevatori o con lo stanziamento dei fondi.  La priorità è, infatti, – ha concluso – quella di  sostenere chi continua a produrre nelle zone montane o disagiate che sono a forte rischio di spopolamento. Zone che, senza questa economia, sarebbero condannate a morire”.

 

 

 

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