Non hanno mai smesso di pensare a lui. Sanno che ha sbagliato ma quello che è accaduto è troppo «grande e grave» per la loro età. Gli allievi del Cupello calcio hanno di Fabio Di Lello, il loro ex allenatore, un ricordo diverso dall’immagine apparsa sulle cronache. Il primo febbraio scorso Fabio Di Lello ha ucciso con tre colpi di pistola calibro 9 il 21enne Italo D’Elisa, che il primo luglio 2016 aveva investito e ucciso sua moglie Roberta Smargiassi. La condanna in primo grado a 30 anni di carcere sarà appellata.
Ma per gli allievi del Cupello Fabio Di Lello è solo l’affettuoso istruttore che li preparava e li spronava a fare sempre di più e meglio. Sanno che ha fatto una cosa grave e che ora sta male, ma cercano in tutti i modi di aiutarlo a superare il dramma che ha sconvolto la sua vita e quella della famiglia D’Elisa.
Domenica scorsa Di Lello ha compiuto 34 anni. Gli allievi del Cupello calcio gli hanno mandato gli auguri attraverso uno striscione sistemato sugli spalti e un altro sul terreno di gioco. Gli striscioni sono comparsi prima del debutto in campionato che ha visto la squadra del Cupello affrontare la Torrese. La dirigenza rossoblu ha esposto la Coppa Disciplina vinta per il terzo anno consecutivo e ritirata nei giorni scorsi nel corso della presentazione dei calendari a Francavilla al Mare e uno striscione di vicinanza e auguri a Fabio Di Lello, ex giocatore e allenatore delle giovanili del Cupello, che compiva gli anni proprio quel giorno.
«In questi mesi gli allievi hanno anche scritto al loro allenatore mettendolo al corrente dei progressi fatti. Qualcuno gli ha dedicato un goal, c’è chi gli chiede consigli tattici e naturalmente i ragazzi aggiungono frasi affettuose», spiega il presidente del settore giovanili del Cupello, Michele Mazzarella, «le lettere sono state consegnate al centrocampista Daniele Avantaggiato che le ha date ai genitori di Fabio. Lui ha risposto facendo sapere ai piccoli atleti e alla società del Cupello che continuerà a seguirli grazie alle trasmissioni di Rete 8», spiega il dirigente. Il pomeriggio dell’omicidio, e fino a mezz’ora prima della tragedia, Fabio aveva allenato i suoi bambini», ricorda Michele Mazzarella.
«Quello che è accaduto ha sconvolto tutti. È una storia tristissima. Ci spiace tanto per la famiglia D’Elisa. Gli allievi di Fabio gli hanno scritto diverse lettere per non lasciarlo solo», dice Mazzarella. Dal giorno dell’arresto Fabio Di Lello è monitorato da uno psichiatra. Non sta ancora bene. Anzi, mano a mano che prende coscienza di ciò che ha fatto, al dolore per la morte di Roberta si aggiunge altra sofferenza. La sua famiglia si è chiusa nel riserbo. Domenica il gesto dei piccoli atleti del Cupello ha commosso i genitori di Fabio che, tuttavia, hanno preferito non commentare. Riserbo assoluto anche da parte dei legali che assistono Fabio Di Lello. È certo che hanno deciso di presentare ricorso in appello contro la sentenza di condanna di primo grado emessa dalla Corte d’assise di Lanciano il 24 marzo scorso: trent’anni di reclusione, tre anni di libertà vigilata, interdizione perpetua dai pubblici uffici e una provvisionale di 40mila euro a testa al papà di Italo D’Elisa Angelo, alla mamma Diana e al fratello Danilo. Per il momento i difensori non vogliono parlare né rivelare i contenuti del ricorso in appello. Di sicuro cercheranno di dimostrare che l’omicidio di Italo D’Elisa non fu premeditato, bensì frutto di un raptus provocato da una mente sconvolta da un dolore divenuto ossessione. Persone vicine alla famiglia dicono che l’ex fornaio continua a piangere: lacrime di dolore ogni qualvolta rivive i giorni di angoscia dalla morte della moglie Roberta e fino all’omicidio di Italo. Sta prendendo coscienza di quello che lo attende ed è addolorato per la sua famiglia, per quella di Roberta e anche per quella di Italo D’Elisa, alla quale ha chiesto perdono.