Con questo titolo, il “Corriere della Sera” ha pubblicato di recente un articolo sull’odio e l’invidia. Una commissione nominata dal Parlamento con lo scopo di indagare su questo spettro che si aggira in Italia ha in sostanza confermato quanto era noto soprattutto agli studiosi: ci troviamo di fronte ad un universo caratterizzato da “ignoranza, intolleranza, discriminazione”. L’ultimo episodio che infuria in questi giorni, destando rabbia e indignazione, è legato alle scritte antisemite e all’immagine sfregiata di Anna Frank, vittima-simbolo dell’Olocausto, un gesto che il presidente della Repubblica ha definito “disumano ed allarmante”. Su questa difficile, delicata e complessa realtà abbiamo voluto ascoltare le valutazioni di un famoso autore, il professor Guido Brunetti.
“La diagnosi appare esatta. L’ondata nera di odio e invidia che attraversa il nostro Paese- dichiara Brunetti- è allarmante, fa paura e crea insicurezza, ansia e inquietudini, soprattutto nei genitori e negli insegnanti, poiché genera notevoli influssi negativi sui processi educativi delle nuove generazioni e sui comportamenti interpersonali e sociali. Sintomo di una patologia individuale e sociale, espressione del progressivo degrado morale e spirituale che attraversa la nostra epoca. ‘Vedo il mondo mutarsi lentamente- riflette Anna Frank nel suo Diario- in un deserto’. C’è un dato oggettivo molto significativo: ogni anno vengono riscontrati in media nella Rete dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri settemila contenuti pieni di odio.
La Rete offre infatti finestre infinite alle calunnie infernali, alla violenza, all’aggressività, al turpiloquio, alla bestemmia e alle falsificazioni di individui liberi di seminare odio e invidia, in quanto protetti sciaguratamente e vilmente dall’anonimato. Una zona franca”.
Come spiegare l’odio e l’invidia?
“Invero, l’odio e l’invidia sono meccanismi e sistemi neurali ancestrali e universali, regolati da regioni profonde ed oscure del cervello, che sono straordinariamente simili nelle diverse specie di mammiferi, e presenti in tutte le epoche e in tutte le società. L’invidioso- dice Aristotele- aggredisce la competenza, i meriti, il successo, l’altrui superiorità. E’ il segno antropologico di uno stato di inferiorità patologico e di un marcato infantilismo. Insomma, una persona immatura mentalmente e socialmente.
Chi prova invidia- aggiunge Plutarco- ha difficoltà a dichiararla, perché- spiega Petrarca- è ‘nimica di virtute’. Si tratta di un sentimento che espone la virtù ai suoi danni. Il grande poeta abruzzese Ovidio nelle ‘Metamorfosi’ parla di un ‘fenomeno fetido’, di ‘marciume’.
In questa linea si pone anche Marziale. ‘Lodi i miei libretti, o Cesare Augusto, ma lo nega l’invidioso. Si rode il fegato e le unghie quella carogna’. ‘Quando appena le guance ti fiorivano di peluria- esclama il poeta latino- tu lingua persa leccavi medios viros. Ora che la tua faccia fa paura ai beccamorti e merita lo schifo del boia, poveraccio, usi la lingua in altro modo e preso da un’invidia esagerata latri a tutti i nomi che ti vengono in bocca. Quella lingua nociva- rileva Marziale- torni ad incollarsi inguinibus”.
Quali, le conseguenze sul benessere e sul piano fisico e mentale
“L’intuizione di Marziale- rodersi il fegato- viene confermata dagli esperimenti di brain imaging. Il corpo e la mente dell’invidioso, del malvagio, di chi odia subiscono conseguenze dannose. L’organismo si riempie di ormoni dello stress, aumenta la pressione sanguigna e si indebolisce il sistema immunitario. Possono manifestarsi poi la sindrome paranoica, l’angoscia persecutoria, nonché disturbi schizoidi e schizofrenici. In questo individuo inoltre si possono sviluppare altre complesse sindromi psichiatriche, come ansia, depressione, frustrazione, stress, aggressività, sentimento di colpa.
Ci troviamo, come ha messo in luce la psicoanalisi, di fronte a una carica istintuale, irrazionale e cieca, ad un’energia pulsionale distruttiva ed autodistruttiva, che si alimenta di maldicenze, calunnie e malvagità di ogni genere. L’invidia è un portato delle pulsioni di morte (Thanatos), una energia devastante, la cui quantità- scrive Freud- è biologicamente determinante, ‘una forza primaria e irreprimibile’, il segno del ‘demoniaco’, un impulso distruttivo di origine sadico-orale e sadico-anale, che consuma il cervello e la mente dell’invidioso”.
Ci sono altre caratteristiche?
“Di recente, la nuova scienza del cervello e della mente (neuroscienze) ha scoperto che l’invidia è un sentimento biologico associato al disprezzo ed è spesso fonte di vergogna e di senso di colpa. E’ fondamentalmente un bisogno di ‘possesso’: possedere cioè ciò che ha un’ altra persona considerata migliore, un modello da inseguire. Si sforza, ma non ci riesce ed allora sta male nella mente e nel corpo. Lo ribadiamo: si rode il fegato, si consuma e si distrugge per l’invidia. Sta scritto: crepare, morir d’invidia. Egli- precisa Cicerone- vive il dolore della ‘felicità e del bene altrui’. Gli studiosi hanno adottato la parola tedesca ‘Schadenfreude’, nata dalla fusione di avversità e gioia, per esprimere l’invidia, il perverso piacere di danneggiare un’altra persona”.
Esistono ulteriori riferimenti scientifici, filosofici e letterari?
“Nel Purgatorio, Dante pone gli invidiosi nella seconda cornice, seduti con gli occhi cuciti con fili di ferro come punizione per aver gioito nel godere delle disgrazie altrui. Secondo la concezione teologica, l’invidia è uno dei sette vizi capitali ed è dovuta al peccato originale. La Bibbia è piena di storie d’invidia, a cominciare dalla creazione dei nostri progenitori, quando il serpente induce Eva a mangiare il frutto proibito, a peccare. In letteratura, in psicoanalisi e nella nostra attività clinica ci sono innumerevoli esempi della presenza del sentimento di odio e invidia.
Là dove un uomo ‘liberamente si pone’, con le sue capacità, la sua intelligenza e le sue qualità umane e morali, nasce spontanea – afferma Platone- ‘la comunella dei malvagi’. L’invidia infatti- come osserva Cornelio Nepote- insegue la fama: ‘invidia gloriae comes’. Essa accompagna il merito, l’onore, la gloria. Una realtà già sperimentata da Sallustio quando scrive: Post gloriam invidiam sequi”.
Si può vincere questo sentimento?
“L’invidia e l’odio possono quindi produrre, come concorda anche La Rochefaucauld, una grande malvagità. In realtà, è possibile vincere l’invidia, l’odio e la cattiveria. Sconfiggere questo comportamento procura una sensazione di enorme gratificazione, un profondo senso di tranquillità, un genuino stato di gioia e di liberazione, un’emozione salvifica. ‘E’ una esperienza esaltante’, mi hanno confermato molti miei pazienti che hanno fatto esperienza di questi comportamenti.
La tua invidia- rileva Kaster- è ‘la mia forza’, poiché si può uscire ‘sani e salvi’ da invidie, situazioni avverse, sciagure, calunnie: ‘per aspera ad astra’. Importante al riguardo l’ emergere del concetto di resilienza, che è la capacità di proteggere il proprio Io sotto l’azione di forti pressioni negative. Si sviluppa- conclude il prof Brunetti- una forza d’animo tale da consentire positive reazioni alle avversità, nuove idee e capacità di progettare il proprio futuro, rendendo il soggetto- come argomenta Nietzsche- ‘più forte’, fatto che- precisa Jung- rende molte cose sopportabili, dando così un senso alla propria esistenza”.
Anna Gabriele