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Anisakis, ecco come difendersi

 

 

Con l’estate aumenta il consumo di pesce crudo o marinato e scatta l’allarme Anisakis. Ormai è abitudine comune mangiare sushi, sashimi e altri piatti a base di pesce crudo o poco cotto, per cui aumentano i rischi legati alla presenza di questo parassita.  Questi sono parassiti che si trovano nell’addome dei pesci, hanno l’aspetto di vermicelli biancastri lunghi 1-3 cm ed il rischio è che dopo la pesca, a causa di una eviscerazione tardiva o nulla, possano migrare nelle carni del pesce ed essere ingeriti dal consumatore. Quando le larve raggiungono l’apparato digerente si attaccano alle pareti degli organi, per alimentarsi e difendersi dai succhi gastrici dello stomaco, perforano le mucose e le pareti danneggiando l’area circostante alla quale sono attaccate. Nel corpo umano l’anisakis rimane per non più di tre settimane, per poi essere eliminato dalle difese immunitarie. Tra i sintomi dell’anisakidosi ci sono nausea, diarrea, vomito, dolori addominali, perdita dell’appetito, febbre ecc., spesso questi sintomi vengono scambiati per quelli di una brutta gastrite o di una colite. In alcuni casi si verificano complicazioni, come occlusioni intestinali che possono richiedere l’intervento chirurgico. Questi sintomi possono manifestarsi anche a partire da poche ore dopo aver mangiato il pesce crudo. A seconda della zona anatomica in cui la larva si posiziona dopo l’ingestione, si possono avere diverse forme dell’infezione, con diversi periodi di incubazione e tempi di manifestazione, precisamente: – luminale: il parassita si ferma nell’esofago, la sintomatologia che può manifestarsi dopo un tempo che va dalle poche ore a una settimana dal consumo del pesce crudo è prurito, solletico e bruciori alla gola; – gastrica: il parassita penetra nello stomaco e si insidia nelle mucose, i sintomi sono dolori addominali, nausea e vomito; – intestinale: l’anisakis penetra nell’intestino e la sintomatologia insorge dopo sei, sette giorni ed è simile ad una occlusione intestinale con vomito e diarrea; – allergica: con reazioni allergiche che possono essere anche gravi come orticaria, rigonfiamenti della cute

Come fare per ridurre il rischio di mangiare l’anisakis? La cottura è il metodo migliore, bastano pochi minuti a 60 °C per uccidere tutte le larve. Per chi ama consumare il pesce crudo o marinato è necessario congelarlo a -20 °C per almeno 24 ore, questo procedimento, per legge, deve essere applicato a tutti i prodotti della pesca che vengono consumati crudi e va esteso anche a aringhe, sgombri, salmone selvatico sottoposti ad affumicatura a freddo. Siccome i congelatori domestici arrivano a -18° C, i tempi si allungano e bisogna tenere il pesce per almeno 96 ore in freezer. La marinatura con aceto o limone che viene utilizzata in molti piatti di pesce crudo non è in grado di garantire la disinfestazione del parassita. Inoltre bisogna evitare di consumare pesce crudo in ristoranti cinesi “travestiti” da giapponesi, che stanno proliferando in questi anni.  I pesci più a rischio sono sardina, tonno, salmone, sgombro, triglie, merluzzi.

Il trattamento dell’anaisakidosi è in genere di tipo chirurgico con l’individuazione e l’eliminazione dei parassiti. Per cui chi ama il pesce crudo è consigliabile che scelga locali conosciuti ed affidabili evitando posti approssimativi o pseudo giapponesi.

D.ssa Manuela Di Silvio

Consulente nutrizionale- Farmacista

Cell. 338/2432036

Rif. Pag. fb Dr.ssa Manuela Di Silvio

      Nutrizione consulenza

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