La tragedia di Francavilla al Mare che ha visto la morte di tre persone e quella delle Marche avvenuta in queste ultime ore evocano tempi bui e infausti e accendono i riflettori sul fenomeno della violenza contro le donne. Su questo tragico, complesso e allarmante fenomeno abbiamo chiesto al professor Guido Brunetti di spiegarci i principali aspetti sociali, culturali e scientifici che sono alla base delle dinamiche mentali che generano questi comportamenti violenti.
“La morte di una persona, soprattutto se è un bambino, ha una valenza sacrale e misteriosa che ferisce l’intera umanità, da noi considerata- spiega il prof Brunetti- un organismo spirituale unitario. Uccidere una sola anima è pertanto come se morisse il mondo intero”.
Ci sono dati al riguardo?
“Sono molto significativi. Gli elementi forniti dal Viminale mostrano che tra il 4 marzo 2017 e il 3 marzo 2018, gli omicidi con persone di sesso femminile sono stati 119. Quasi la metà delle italiane tra i 14 e i 65 anni ha subito, come rivela il rapporto Istat pubblicato di recente, molestie almeno una volta nella vita. Più della metà degli uccisori sono ex o partner. La Lombardia e l’Emilia risultano le regioni più ‘insanguinate’.
L’82 per cento dei femminicidi è stato compiuto tra le pareti domestiche. Circa un milione e 200 mila donne poi sono state vittime di molestie per essere assunte, mantenere il posto o per una promozione. I casi di sexsual harassment sono ovviamente instabili e difficili da quantificare. Gli abusi emergono molto poco. Colpisce poi il comportamento spietato, efferato e premeditato di questi delitti consumati attraverso coltelli, strangolamenti, oggetti contundenti, pistole e fucili, calci e pugni”.
Professor Brunetti, possiamo parlare di emergenza?
“E’ un’emergenza sociale e culturale di vaste dimensioni e in continuo e preoccupante aumento. L’Italia è indietro nella lotta alla violenza sulle donne, nonostante la nuova legge, l’aumento di fondi, delle case rifugio e dei centri anti-violenza. Negli Stati Uniti, invece, è in atto una profonda rivoluzione culturale e una forte presa di coscienza in materia”.
Qual è il significato profondo di questa realtà?
“Affrontare il fenomeno del femminicidio e della violenza sulle donne significa entrare nel mondo oscuro, irrazionale ed inconscio del cervello e della mente umana. Due parole che, nonostante gli splendidi progressi delle nuove neuroscienze, presentano ancora abissi di ignoranza. In questa sede, basterà dire che nella sua evoluzione la struttura più antica del cervello è costituita da una forma biologica istintiva, da una pulsione aggressiva, violenta, malvagia. Una forza distruttiva e autodistruttiva. La violenza, l’odio, l’invidia, l’angoscia trovano un loro substrato nella struttura neurale”.
Quali iniziative sono state adottate?
“Il 20 dicembre 1993, una Dichiarazione delle Nazioni Unite sanciva ‘la necessità urgente per l’applicazione alle donne dei diritti e dei principi in materia di uguaglianza, sicurezza, libertà, integrità e dignità di tutti gli esseri umani’. Nel 1999, l’ONU indicava il 25 novembre come ‘Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”.
Che cosa s’intende per violenza contro le donne?
“E’ ogni atto di violenza basata sul genere idoneo a procurare ‘un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica’ per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, le percosse, l’abuso sessuale delle bambine, lo stupro, le mutilazioni femminili, l’intimidazione sul posto di lavoro, il traffico delle donne e la prostituzione forzata. La violenza contro le donne è un evento universale e dunque una ‘violazione’ dei diritti umani”.
Qua è il significato di femminicidio?
“Il termine femminicidio, o femicidio e femmicidio, definisce non soltanto ‘l’uccisione di una donna o di una ragazza’, ma anche ‘qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome, precisa l’Accademia della Crusca, di ‘una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico fino alla schiavitù o alla morte’.
La parola femminicidio fu usata dalla studiosa Diana Russell per esprimere una forma di violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna ‘perché donna’, per motivi di odio, disprezzo, piacere o senso di possesso. E’ una violenza enorme che implica, per Marcela Lagarde, ‘norme coercitive e modi di convivenza alienanti”.
Sul piano sociale, giuridico e morale, quali le novità.
“Nel tempo, il concetto di famiglia, matrimonio e onore ha subito forti cambiamenti, i quali hanno influenzato la normativa giuridica. Nel 1981, viene abrogato il delitto d’onore e del matrimonio riparatore. Per gli autori di femminicidio, il codice penale prevedeva sanzioni leggere. Il matrimonio riparatore estingueva il reato. La violenza sessuale era in sostanza un reato non contro la persona, ma contro la morale. E’ soltanto con la legge del 15 febbraio 1996 che il reato di violenza sessuale viene compreso tra i crimini contro la libertà personale e non più contro la morale pubblica.
Successive norme poi hanno introdotto una nuova fattispecie di reato, definita ‘atti persecutori’, lo stalking, delitto punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Si tratta di un comportamento che cagiona un ‘perdurante e grave stato d’ansia o di paura’ da ingenerare un ‘fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata al medesimo da relazioni affettive’.
A seguito dell’allarmante diffusione di questi comportamenti delittuosi, nel 2013 viene promulgata la ‘legge sul femminicidio’. La quale ha lo scopo di inasprire il trattamento punitivo in materia, introducendo misure di prevenzione per tutelare le donne e ogni vittima di violenza domestica”.
Quali sono le cause del femminicidio?
“L’esame delle connotazioni e del ruolo delle donne uccise mostra una varietà di cause. Che riguardano il movente della gelosia (44,3%) e del possesso, la separazione, la degenerazione di litigi domestici (24,7%), i disturbi mentali (Goetting). Circa i figlicidi femminili, il secondo movente dopo i disturbi psichiatrici, risulta quello del neonaticidio, l’uccisione di figlie di età inferiore all’anno. Un comportamento spesso motivato dal dramma angoscioso del ‘rifiuto’ della genitorialità materna.
Per comprendere a fondo le dinamiche e le pulsioni anche di natura inconscia di questo fenomeno, un valido sfondo d’indagine è rappresentato dalla concezione dell’attaccamento, un impianto teorico che si basa sull’eredità freudiana e sulle ricerche della neurobiologia evoluzionistica. Soggetti cresciuti con genitori o caregiver instabili emotivamente possono sviluppare un sé fragile, frammentato, diviso, matrice di problemi comportamentali ed esiti violenti, abusivi o aggressivi”.
Chi è l’autore del femminicidio.
“I tratti del carattere e della personalità sono l’espressione di una combinazione di molteplici fattori, come impulsività, personalità antisociale, stress, instabilità affettiva, ansia, depressione, disturbi psichiatrici, abuso di sostanza, disabilità intellettiva, tendenza alla criminalità, disturbi ossessivi, disturbi dello spettro psicotico, tratti di psicopatia”.
E chi è la vittima.
“Individuare in modo univoco la personalità della vittima appare impresa difficile. Il suo profilo tuttavia mostra una donna con personalità ‘dipendente, isolamento sociale ed economico, con esperienze di abusi nell’infanzia’. La maggioranza risulta di nazionalità straniera, di età spesso superiore ai 64 anni. Sono partner o ex-partner, amici o conoscenze, persone sconosciute”.
Le terapie.
“Occorre anzitutto sottolineare l’importanza dell’attività di prevenzione e cura, accompagnata da un attento processo di sensibilizzazione, formazione e sostegno, allo scopo di combattere il fenomeno in oggetto e tutelare la donna e la società. L’operatore (medico, psichiatra o psicologo) deve possedere un’accertata competenza, esperienza e maturità psico-emotiva. Il suo atteggiamento, espresso attraverso l’empatia, la gestualità, il tono della voce e la mimica, rappresenta un fondamentale strumento per realizzare un valido progetto terapeutico e riabilitativo. Di qui, il rilievo che riveste la formazione di tutto il personale sanitario per affrontare la complessità di una questione che sta destando allarme sociale”.
Quali le conclusioni, prof Brunetti.
“Dobbiamo ricorrere sempre più ai contributi della scienza, in particolare alle nuove neuroscienze e alla psicoanalisi. Fronteggiare questa difficile e delicata tematica esprime l’esigenza di indagare e comprendere sul piano clinico la coscienza di ogni singolo soggetto, la sua interiorità più profonda, i suoi angoli più oscuri. In letteratura, uno dei più illuminati autori è stato Dostoevskij, il quale dai ‘Fratelli Karamazov’ ai ‘Demoni’ cercò di scrutare quel mondo inconscio, quell’abisso dell’anima umana per scoprirne non solo le sue nefandezze e malvagità, ma anche sorgenti di luce e di speranza.
I demoni di Dostoevskij sono invischiati, come gli autori di femminicidio, nella forza compulsiva di possesso e di dominio. Sono gli angeli decaduti spersi negli abissi vuoti dell’essere e di una umanità degradata. Nell’opera ‘Memorie dal sottosuolo’, che si rivela di una modernità sconcertante, i personaggi vivono in un mondo di depravazione, attraversati da oscure, insane pulsioni. E’ il sottosuolo abitato dal baratro orrendo del male. La sessualità e la donna sono vissute come violazione e potere. Il male, la perdizione, l’esperienza di Dio come tormento sono i fili di una grammatica cadenzata come momento di salvezza e redenzione. Il sottosuolo è la spiritualità dell’essere e del mondo, la metafora della profondità dell’anima. Per andare in paradiso (il Bene), bisogna passare per l’inferno (il Male). La persona umana, insomma, porta misteriosamente in sé, non solo il dramma del Male, ma anche la scintilla del Bene, la fiammella divina della propria redenzione”.
Anna Gabriele