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Omicidio di Antonio Lizzi, il Dna appartiene a ignoti

Il Dna dei frammenti di pelle trovati sotto le unghie di Antonio Lizzi, 69 anni, il pensionato ucciso all’ingresso della sua casa il 2 febbraio scorso, restano di un profilo genetico ignoto. L’assassino di Monteodorisio non ha ancora un nome. I reperti acquisiti dai carabinieri sui vestiti, le scarpe di Antonio e il furgone Fiat Fiorino con il quale il giorno del delitto il pensionato era tornato a casa, dopo quasi cinque mesi di  indagini non aiutano affatto gli nvestigatori.

Sono diverse decine i Dna che i carabinieri hanno acquisito da altrettante persone attraverso le tracce salivari. Persone che hanno avuto rapporti amicali e di conoscenza con la vittima. Affari che non riguardano certo la situazione economica di Lizzi. Le comparazioni dei carabinieri del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) sono cominciate da mesi. L’indagine, al momento, resta a carico di ignoti. Non c’è un colpevole e neppure un movente.

Il corpo senza vita del pensionato fu ritrovato il 4 febbraio, due giorni dopo la morte. L’uomo era legato e pieno di ferite, il volto tumefatto per i colpi ricevuti. La porta era socchiusa. Gli investigatori hanno compiuto all’ingresso della casa accertamenti tecnici per rilevare le impronte. Altre perizie sono state eseguite al cimitero. Altre ancora nel furgone della vittina. La casa di contrada Marracola e il furgone Fiat Fiorino restano sotto sequestro. Le indagini proseguono nel più assoluto riserbo. I risultati delle comparazioni sono considerati una tappa cruciale delle indagini sull’assassinio dell’uomo, colpito al colto e poi massacrato di  botte.

Il Ris è affiancato dagli specialisti del reparto scientifico di Chieti. A coordinare le indagini c’è il procuratore capo del tribunale di Vasto Giampiero Di Florio.

Con il passare del tempo si fa strada l’ipotesi che l’assassino non sia di Monteodorisio e dopo il fatto sia fuggito lontato. L’omicidio potrebbe restare senza un colpevole: se così fosse, sarebbe il secondo caso a Monteodorisio. Nel 1979, mentre faceva provviste di acqua vicino a una fontana alla periferia del paese, qualcuno tese un agguato a un agricoltore quarantenne, Antonio Menna. L’uomo era di spalle, quando fu colpito a morte da diverse fucilate alla schiena. Poi l’omicida infierì sull’uomo colpendolo alla testa con il calcio del fucile. Poche ore dopo fu trovato il corpo straziato. Nessuno vide né sentì nulla. Nessuno aiutò i carabinieri a scoprire l’omicida.

Paola Calvano (Il Centro)

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