“Rifiuti da Lazio, Puglia, Campania e Marche per salvaguardare i livelli occupazionali e garantire la sopravvivenza del Civeta”. Più che un grido d’allarme è un vero e proprio atto d’accusa quello lanciato nel corso dell’incontro promosso dall’associazione “Il Cambiamento” di Cupello che ha registrato, ancora una volta, l’assenza dei sindaci del territorio.
Fatta eccezione per i primi cittadini di Monteodorisio e Furci, Saverio Di Giacomo e Angelo Marchione e del vice sindaco di Cupello, Fernando Travaglini, i soci fondatori del Consorzio intercomunale che gestisce l’impianto di compostaggio di Valle Cena hanno disertato l’incontro.
“La mancanza di governance politica del Civeta si manifesta nell’assenza dei sindaci: hanno abbandonato il Consorzio al proprio destino e ad un futuro pieno di incognite”.
Non le manda a dire Camillo D’Amico, capogruppo consiliare di minoranza che, insieme a Giuseppe Di Marco (Legambiente), Federica Finizio (Wwf) e l’ingegner Luigi Sammartino, direttore tecnico del Civeta, ha acceso nuovamente i riflettori sull’ente consortile, ed in particolare sui rifiuti conferiti da altre regioni, che, però, è stato detto nel corso dell’incontro, “vengono sottoposti a rigorosi controlli”.
Sulla necessità di accogliere rifiuti provenienti da Campania, Puglia, Marche e Lazio si è soffermato Sammartino. Il tecnico, delegato dal commissario straordinario Franco Gerardini, ha spiegato che senza quei conferimenti sarebbero a rischio i posti di lavoro (una cinquantina) e la stessa sopravvivenza del Civeta.
L’altra faccia della medaglia è che la durata della terza vasca affidata in gestione alla Cupello ambiente e che ha una capacità di 450mila metri cubi, si è ridotta da 15 a 8 anni. Non sono mancati cenni alla “concorrenza spietata” di Ecolan, il Consorzio pubblico frentano a cui hanno aderito anche alcuni comuni del comprensorio.
E’ il caso di Castiglione Messer Marino e dell’Unione dei comuni del Sinello. Ma c’è anche l’incognita Agir: con l’entrata a pieno regime dell’autorità regionale per i rifiuti il pericolo che si corre è “l’esproprio degli impianti e la loro cessione ai privati”.
Futuro quanto mai incerto quindi per il Consorzio che, in caso di mancato rilancio, corre il serio rischio di diventare solo una discarica ad uso e consumo dei privati.
“Trovo sempre più fastidiosa l’assenza costante dei comuni a iniziative come queste: la politica ha completamente abdicato al proprio ruolo”, annota ancora D’Amico che da tempo chiede ai sindaci di fare la loro parte. Questi ultimi, dal canto loro, continuano a criticare il commissariamento che, di fatto, li ha estromessi dalla gestione del Civeta.
Anna Bontempo (Il Centro)