L‘Abruzzo, su un totale 143 chilometri di costa, ne ha urbanizzati 91 e il 63% è stato modificato irreversibilmente con un tasso di erosione del 61%. Aspetto, forse ancor più grave, è la dimensione delle trasformazioni avvenute dopo il 1985, anno dell’entrata in vigore del vincolo di inedificabilità entro i 300 metri dalla linea di costa e del sistema di pianificazione paesaggistica regionale previsto della Legge 431/1985, detta legge “Galasso”: malgrado la norma, sono stati cancellati altri 7 chilometri di paesaggi costieri nella nostra regione.
Legambiente e Wwf denunciano come, di fronte a questo alto consumo del suolo costiero e al triste primato di cementificazione che “vanta” l’Abruzzo (36,6% nella fascia compresa nei primi 300 metri dal mare – dati Ispra), non si possono lasciare le spiagge in mano ai cementificatori e consentire devastazioni per la mancata approvazione dei piani di gestione dei Sic (Siti di interesse comunitario, concetto definito dalla direttiva comunitaria “Habitat” relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali) pronti già da tempo e pagati con denaro pubblico e rimasti nei cassetti di qualche ufficio regionale.
Il fenomeno dell’erosione, infatti, è amplificato da antropizzazione e cementificazione, aggravando ulteriormente lo stato in essere della nostra costa e di specifiche località, come Francavilla al Mare, Casalbordino e altre.
Commentano le associazioni:
“Nonostante questa consapevolezza, accade l’inverosimile: si continua a ritardare l’approvazione dei piani di gestione dei Sic, in questo caso in particolare quelli costieri, che in quanto strumenti di conservazione e di programmazione, possono contribuire al contenimento del problema.
A dir poco plateale la situazione del Sic di Marina di Vasto. Il suo piano di gestione è in balia di chi sostiene un’azione di forte devastazione dell’area dunale di grande pregio esistente e già gravata dalla forte urbanizzazione della parte retrostante. Le proposte di accessi smisurati, oltre il doppio dell’esistente, e l’esercizio di un’ulteriore azione antropica nell’area dunale, rappresentano una visione errata (tra l’altro neanche richiesta) della fruibilità di una riserva naturale ma anche di un turismo che non esiste più e che anzi, oggi proprio in virtù del nuovo piano regionale, parla di natura, bellezza e responsabilità.
Elementi che certamente non possono appartenere a chi politicamente difende non solo i mali delle nostre spiagge ma addirittura la costruzione di un cementificio dentro la fascia di protezione della riserva di Punta Aderci, tra le spiagge più belle d’italia, anche a discapito della nascente Via verde.
È tempo di uscire da questo nanismo politico e da una irreale visione del presente, ma anche dalla complicità della non scelta e della divisione. La tutela del bene comune non può essere elemento strumentale della dialettica politica, ma un principio ispiratore.
Ecco perché ci auguriamo che lunedì, in sede di approvazione del piano di gestione del Sic Marina di Vasto, questo principio prevalga sull’ottusità di meri interessi privatistici fuori tempo e superati da nuove richieste turistiche che puntano sulla qualità e sulla bellezza, nonché sulla fruibilità naturalistica dei territori. L’appello è trasversale a tutte le forze politiche: possa essere lunedì l’alba di un nuovo giorno per l’Abruzzo che vuole vivere dello splendore delle sue bellezze naturali, paesaggistiche, gastronomiche, culturali e di un’industria sostenibile che metta al centro la qualità della vita degli abruzzesi e dei turisti che vogliono visitare la regione verde d’Europa. E si abbandoni l’idea del vecchio modello che, come è ormai sotto gli occhi di tutti, ha superato la sua fase propositiva e ha cancellato persino la speranza dal futuro dei nostri giovani”.