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Perizia di parte scagiona 13 medici indagati

 

giovanni cerellaI trattamenti posti in essere dai medici e dagli operatori che ebbero in cura al San Pio , Lorenzo Di Nardo, 67 anni, di Fresagrandinaria,il paziente morto dopo una operazione di ernia, furono congrui e adeguati al caso. Queste le conclusioni della perizia firmata del medico legale Pietro Falco e dal collega Raffaele Visini. Di Nardo morì a distanza di due giorni da una operazione di ernia eseguita all’ospedale San Pio. Una morte che i familiari non accettarono e sulla quale la Procura aprì un fascicolo indagando tredici medici. Ad assistere la famiglia Di Nardo , intenzionata a costituirsi parte civile , fu incaricato l’avvocato Pierpaolo Andreoni. La perizia venne eseguita da un pool di anatomopatologi. Accanto a Pietro Falco c’era il chirurgo Raffaele Visini e altri sei consulenti incaricati dagli indagati di assistere all’esame medico legale. In base alle conclusioni , dall’esame non sarebbe emerso nulla di riconducibile ad una conseguenza letale. Gli esami istologici hanno scagionato i medici indagati. E non solo. Quando Di Nardo morì la tac era rotta .” Anche se lo strumento era rotto nell’effettuazione della tac addominale non ha influito sul decorso clinico e dunque sulla morte del paziente”, recita un passaggio della perizia.

” Eravamo sicuri che le conclusioni del medico legale sarebbero state queste”, dice soddisfatto l’avvocato Giovanni Cerella che insieme ai colleghi Arnando Tascione e Nadia Di Bello assiste gli indagati. «Si tratta di professionisti coscienziosi e seri. Sono profondamente dispiaciuti per quello che è accaduto ma assicurano di essere tranquilli e sicuri di avere fatto il possibile per salvare la vita al paziente», afferma il legale.

Per la famiglia la morte di Lorenzo Di Nardo è stata dolore al quale non si rassegnano . Quello del pensionato avrebbe dovuto essere un intervento di routine. Una banale ernia. L’operazione sembrava perfettamente riuscita. Tre ore dopo il 67enne, ricoverato in day surgery, era a casa. I problemi arrivarono qualche ora dopo: ricomparvero i dolori . Fu necessario un nuovo ricovero. Tutto inutile. L’autopsia ha stabilito che la morte fu provocata dalla perforazione della parete posteriore del colon che determinò una infezione che fu difficile da diagnosticare perchè erano assenti i segnali clinici specifici dell’infezione : febbre e leucocitosi che avrebbero potuto allarmare i medici. Ora tocca alla Procura in base ai risultati della perizia medico legale stabilire il da farsi , se addebitare la morte del sessantasettenne ad altro o archiviare il fascicolo.

Paola Calvano (il centro)

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