Sotto la sabbia della riserva di Punta Aderci non si trovano solo ossa umane, ma anche lo scheletro di una balena lunga 20 metri e del peso di oltre diciotto tonnellate. La presenza dei resti del cetaceo è tornata alla ribalta in questi giorni, dopo il ritrovamento da parte di un turista polacco di ossa e calotte craniche risalenti all’epidemia di tifo che scoppiò nel 1817.
La balena venne avvistata il 16 agosto 1960 al largo di Vallevò, (Rocca San Giovanni), rimorchiata da un grosso peschereccio e portata in seguito a Punta Aderci dove venne seppellita. Negli anni passati fu l’imprenditore vastese Remo Salvatorelli a proporre di riportare alla luce lo scheletro del grosso cetaceo e di realizzare un Museo del mare, che potrebbe ospitare tutte le specie ittiche dell’Adriatico e avere anche funzioni didattico-divulgative e di promozione turistica.
Tra l’altro fra un anno dovranno essere recuperati i tre capodogli morti dopo essere spiaggiati nell’estate 2014, insieme ad altri quattro cetacei, a Punta Penna. Per motivi igienico-sanitari le carcasse sono state interrate in un sito di proprietà del Comune, come disposto da una ordinanza, ad una profondità di almeno due metri. Lo stesso provvedimento stabilisce il disseppellimento e la ricomposizione dell’apparato scheletrico dei capodogli per motivi di ordine scientifico, come suggerito dal Centro studi cetacei onlus di Roseto degli Abruzzi.
Anna Bontempo