Questa è la settimana mondiale di sensibilizzazione sulle malattie mitocondriali, rare e senza cura. Angelora e Andreas hanno entrambi i figli malati. La loro speranza è la ricerca. Christian guardava in su e poi cadeva. Non sapevano spiegare perché i genitori e nemmeno le maestre della scuola materna. «Secondo il sostituto del pediatra», racconta il papà del bimbo, «era caduto a causa di uno spavento. Ma Christian continuava a cadere e, tornato il pediatra, ci ha consigliato una visita neurologica dove riscontrarono qualcosa di strano». Quel qualcosa di strano scritto sul referto era: «Sospetta citopatia mitocondriale».
Da qui il calvario e l’iter degli ospedali.
«Letto il referto, torniamo a casa, controlliamo su internet e leggiamo che era una malattia irreversibile che porta alla morte entro il primo anno di vita. Sul referto c’era scritta “sospetta” e abbiamo fatto molte visite quell’anno: Pisa, Roma, Milano… Speravamo che qualcuno ci dicesse che non era così. La prima risonanza di Christian è stata fatta il 20 gennaio e Aurora è nata il 1 febbraio». Anche lei è malata.
Angelora e Andreas vivono a Cupello, vicino a Vasto, in Abruzzo, e i loro due figli, Christian di sei anni e Aurora di quattro, sono entrambi affetti da malattia mitocondriale. Le patologie mitocondriali sono rare e diverse fra loro, ma nel loro insieme sono le malattie genetiche più diffuse nell’uomo, sono ereditarie e causate da alterazioni nel funzionamento dei mitocondri, gli organelli delle cellule che provvedono alla produzione dell’energia utilizzata dall’organismo.
In Europa si stima che 1 persona su 5000 ne sia colpita. Il caso più noto è quello del piccolo Charlie e della battaglia dei suoi genitori per tenerlo in vita nonostante la decisione del tribunale di interrompere i trattamenti a cui era sottoposto. Questa è la settimana dedicata alla ricerca sostenuta in Italia da Mitocon ONLUS organizzazione nata nel 2007 per volontà di un gruppo di genitori di bambini affetti da malattie mitocondriali con l’obiettivo di condividere conoscenze ed informazioni su queste gravi patologie genetiche.
La vita di Angelora e Andreas si è rovesciata al momento delle diagnosi. «Aurora è stata sempre giusta con i tempi di crescita», dice il padre, «diceva “sì” e “no” a nove mesi e se non ci fosse stato Christian, probabilmente non saremmo arrivati alla diagnosi mitocondriale così rapidamente. Tremava dalla testa ai piedi appena si svegliava, poi durante il giorno no. Non camminava, prendeva la seggiolina e iniziava a trascinarla per spostasi nella stanza. A Christian hanno fatto di tutto: analisi, prelievi, elettromiografie. Ad Aurora solo una risonanza magnetica. Hanno visto delle microlesioni uguali a quelle del fratello e hanno dato la diagnosi. Lei ha iniziato subito la terapia vitaminica, il fratello no».
I portatori di questo scompenso mitocondriale sono i genitori. «La combinazione mia con Andreas ha trasmesso la malattia ai bambini» spiega la mamma. Se dovessero avere un altro figlio sarebbe del 25% il rischio di una malattia mitocondriale. «Da quando abbiamo scoperto la malattia ho smesso di lavorare per potermi dedicare completamente a loro. Hanno le terapie settimanali da fare, la scuola, gli impegni, le visite. Andreas invece lavora per due, la sera è lui a occuparsi dei bambini mentre io mi dedico alla casa».
Nessuno riesce a spiegare perché Aurora sia più autonoma del fratello. Può essere per la diagnosi più rapida, ma anche perché è una femmina. «Litigano tanto ma sono inseparabili», spiega Angelora, «Aurora è affettuosissima con il fratello, lo protegge, lo coccola». E gli altri bambini? «Riconoscono il bambino più sensibile da quello troppo esuberante o indisciplinato che può essere pericoloso perché Christian si può fare male, può cadere. Le difficoltà nascono quando si va in un ambiente nuovo, dove i bambini che non li conoscono sono più restii a fare amicizia con loro, soprattutto con Christian. Lui ha imparato a riconoscere i bambini che gli hanno prestato attenzione in questi anni e che non se ne sono andati via senza un sorriso né un’attenzione. Quelli che l’hanno considerato li porta nel cuore in una maniera incredibile».
Per questa famiglia futuro è parola impronunciabile. «I nostri progetti arrivano al massimo a 3, 4 mesi, ed è tutto molto pratico: la scuola, il lavoro, la casa». La fiducia è tutta nella ricerca. «Non possiamo sperare che la ricerca guarisca i nostri figli perché sappiamo che i danni al cervello sono irreversibili, ma potrebbe succedere che trovino qualcosa che blocchi la malattia e per noi sarebbe veramente tanto».
Christian ha difficoltà nella parola e nel movimento. «Si arrabbia quando vede i filmati in cui correva e camminava da piccolo e non riusciamo più a capire tutto quello che dice. La sorella lo interpreta a modo proprio». Ad aiutare questa famiglia sono però proprio i figli. «La mattina mi sveglio nera», dice la madre, «vado nella loro cameretta, Christian mi sorride e mi cura».
Sognano un viaggio a Gardaland, ma anche un volo aereo o un giro in moto. «Al mare ci siamo arrampicati con loro sugli scogli, abbiamo preso Christian e l’abbiamo portato in una piscinetta tra le rocce. Con la complicità dei parenti, riusciamo a fare molte cose. In realtà noi facciamo tutto ma ci costa molto sacrificio. Se Christian per esempio vuole andare sullo scivolo è molto complicato farglielo fare. Adesso pesa venti chili e non basta una persona per poterlo accontentare. Ma cerchiamo di farlo. Quello che ci manca è poter stare con altre famiglie in tranquillità. Ci manca la normalità, ma sappiamo apprezzare cose piccolissime come una parola nuova scandita da Aurora».