Continuano a nascere meno bambini in Italia a causa della crisi economica, tanto che il nostro paese fra 100 anni, a condizioni invariate rispetto ad ora, potrebbe veder crollare la propria popolazione, arrivando a poco più di 16 milioni di abitanti rispetto ai quasi 60 milioni attuali. L’inquietante proiezione è emersa nei giorni scorsi a Treviso nella seconda giornata di Statistcall, il Festival della statistica. In un programma informatico sono stati inseriti il tasso di fertilità attuale (1,34) e l’attesa di vita dei bimbi nati oggi (83,8 anni), per capire, con tutte le altre condizioni alla pari, quante persone abiteranno la Penisola nel 2118: poco più di 16 milioni è stato il responso.
“Perché ciò si verifichi tra cento anni, anche se già tra 20 anni saremo comunque 8 milioni in meno – ha detto il prof. Matteo Rizzolli della Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa) di Roma- è sufficiente comportarsi come adesso, cioè non fare nulla per favorire la natalità e dare sostegno alla famiglia”. Un “salto” statistico nel futuro che, per gli esperti, disegna un’Italia con la popolazione concentrata in alcune grandi città, molte delle restanti altre aree in stato di quasi abbandono.
Secondo i relatori il passivo demografico, uno dei problemi del paese, non è ancora entrato nei programmi della politica. «Nella demografia c’è il destino politico ed economico di un paese”, ha concluso Rizzolli. Lo squilibrio tra generazioni, è stato sottolineato, sottrae infatti popolazione attiva e produttiva all’economia del paese, rendendo insostenibile per le nuove generazioni sostenere i costi fissi di quelle precedenti, non produttive, bisognose di previdenza, assistenza e sanità.
Un puro esercizio statistico, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, assai significativo ed emblematico di quale possa essere l’influenza delle condizioni economiche sulle nascite e quindi sulle famiglie. Bisogna fare di più per favorire la natalità e dare sostegno alla famiglia”.