Sono state depositate all’ Aquila le motivazioni della sentenza della corte d’Appello d’Assise che hanno determinato la condanna a 20 anni e quindi la riduzione di dieci anni della pena per Fabio Di Lello, il panettiere che il 1 febbraio 2017 uccise con tre colpi di pistola Italo D’Elisa per vendicare la morte della moglie Roberta Smargiassi investita e uccisa da D’Elisa.
Il documento lungo 30 pagine è articolato e analizza ogni passaggio della tragedia bilanciando aggravanti ed attenuanti. Il giudice estensore oltre che presidente della corte d’Appello d’Assise, Luigi Catelli (di recente trasferito ad Ancona) ha tenuto conto dell’ attenuante della condizione depressiva ed ha eliminato l’aggravante della minorata difesa. Gli avvocati della difesa, Giuliano Milia e Pierpaolo Andreoni stanno valutando se presentare ricorso in Cassazione o meno.
I legali non si sbilanciano. Non è escluso che decidano di non appellarsi. A presentare ricorso potrebbe essere la Procura. In primo grado il procuratore capo del tribunale istoniense, Giampiero Di Florio aveva chiesto l’ergastolo e in appello il procuratore generale, Pietro Mennini aveva invocato la pena di 30 anni rifiutando la concessione delle attenuanti.
Il verdetto arrivò il 9 luglio dopo 2 ore di camera di consiglio. Per dimostrare che Di Lello non aveva premeditato il delitto i difensori avevano mostrato alla corte i filmati dell’incidente costato la vita a Roberta Smargiassi e quello dell’omicidio D’Elisa. Il presidente Catelli ha quindi tenuto conto della grave depressione seguita alla tragica morte di Roberta Smargiassi e diagnosticata all’imputato durante la detenzione. Una condizione mentale che secondo la difesa smentiva la premeditazione.
L’avvocato Andreoni ribadisce. “Fabio Di Lello è stato malissimo ed è tuttora seguito per questo in carcere”, dice l’avvocato . “Uno psicologo ma anche un padre spirituale stanno aiutando Fabio ad uscire dal tunnel della disperazione psicologica nel quale era sprofondato. La perdita della moglie. La fede lo sta aiutando”, ripete Andreoni. “Il dolore lo ha fatto ammalare e lo ha spinto ad uccidere. E’ stato molto male. Ora sta un pò meglio”, afferma il legale.
Anche gli avvocati della parte civile hanno letto le motivazioni della sentenza ma preferiscono tacere. “Non è il caso”, dice l’avvocato Pompeo Del Re. La famiglia D’Elisa non ha mai nascosto di essere rimasta sorpresa e sconcertata all’esito del giudizio d’appello. Vasto a distanza di quasi due anni dalla tragedia è ancora sconvolta e incredula e così pure Cupello, il paese in cui Fabio Di Lello allenava la squadra di calcio degli allievi. Anche il giorno dell’omicidio, prima di uccidere Italo D’Elisa aveva allenato i piccoli atleti.
Paola Calvano (Il Centro)