La morte del nostromo russo Timur Lakkonov, 23 anni, avvenuta il 5 febbraio del 2016 sul mercantile Araz River, ha due presunti responsabili individuati dalla Procura di Vasto che ha formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo nei confronti del comandante della nave, Alexander Karnaukh, e per il responsabile della sicurezza, Dimitry Nagornov.
Per il procuratore di Vasto, Giampiero Di Florio, la responsabilità di quell’incidente mortale, che provocò anche due feriti gravi, sarebbe dei due indagati. E lo spiega nel capo di imputazione. Il mercantile battente bandiera russa, il 5 febbraio del 2016, dopo aver scaricato 5mila tonnellate di olio di palma, usciva dal Porto di Punta Penna di Vasto con designazione Istanbul quando, a circa 7 miglia dalla costa, e quindi nettamente dentro le acque territoriali, i due indagati “non impedivano l’accesso di Lakkonov all’interno della Slop Thank (dove veniva riscontrata la presenza di acido solforico, aldeidi e idrocarburi alifatici e aromatici, Btex e alchilbezeni), trascurando il rischio di forte obnubilamento del sensorio al momento dell’apertura del boccaporto per la rapida fuoriscita dei gas presenti nella cisterna, in considerazione del mancato utilizzo di dispositivi di sicurezza personale”.
La procura contesta al comandante anche una serie di omissioni che avrebbero pesato fortemente sul mancato salvataggio o tentativo di salvataggio del marinaio. Il comandante, infatti, avrebbero “omesso di chiamare tempestivamente i soccorsi, facendo trascorrere almeno mezz’ora rispetto alla prima telefonata fatta alla compagnia anzichè all’autorità marittima, in violazione della Convenzione internazionale di Amburgo; ometteva di attivare il sistema internazionale di soccorso sul canale 16VHF utilizzando il frasario previsto mayday; ometteva di lanciare mezzaggi di allarme del segnale di soccorso di stress, in tal modo facendo ritardare i soccorsi per un lasso di tempo compreso tra 70 e 105”.
Le presunte responsabilità dell’addetto alla sicurezza, Nargonov, vengono così riassunte nel capo di imputazione: “ometteva di vigilare sul rispetto delle procedure di ingresso nella cisterna; ometteva di valutare il rischio derivante dall’apertura della cisterna per l’elevata presenza di gas all’interno della stessa, ciò comportando una forte pressione sul boccaporto ed effetti dannosi alla persona in assenza di dispositivi di sicurezza personale, per la rapida fuoriuscita dei gas presenti”.
Inoltre non impediva l’accesso di personale di bordo all’interno della cisterna, pur sapendo che anche altri componenti dell’equipaggio stavano verificando la stessa cisterna, in assenza di dispositivi di sicurezza. E per tutte queste presunte inadempienze i due indagati avrebbero cagionato il decesso del nostromo, “avvenuto per asfissia da inalazione, in quantità elevata, di idrogeno solforato, avvenuta mentre la vittima si trovava all’interno della Slop Thank, utilizzata per la raccolta delle acque di lavaggio delle cisterne”.
Adesso sarà il gup a decidere se mandare i due indagati a processo o meno.
Maurizio Cirilli (Il Centro)