Era stata licenziata per l’utilizzo improprio dei permessi della legge 104, ma il giudice del lavoro l’ha reintegrata sul presupposto che le dichiarazioni rese dai due investigatori privati ingaggiati dalla direzione dell’Istituto di Riabilitazione San Francesco D’Assisi si sono rivelate “lacunose e contraddittorie”.
E’ una sentenza destinata a far rumore quella con cui il giudice Silvia Lubrano ha dichiarato “illegittimo” il licenziamento della dipendente e condannato la Fondazione Padre Alberto Mileno al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata a otto mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria. La dottoressa Lubrano ha altresì condannato il datore di lavoro al pagamento delle spese di lite.
Per l’operatrice socio-assistenziale che era stata licenziata il 3 novembre 2017 per “giusta causa” è la fine di un incubo. I risultati della complessa istruttoria sono condensati in una ordinanza di quindici pagine dove vengono ripercorsi i passaggi più salienti di una vicenda che aveva fatto discutere non solo i lavoratori, ma anche i sindacati. La dipendente è stata difesa dall’avvocato Delfina Conventi.
“Il giudice ha ritenuto l’attività investigativa portata avanti dall’agenzia incaricata lacunosa e carente”, commenta il legale, “ha quindi accolto il ricorso della mia assistita optando per la più ampia tutela”.
Secondo le contestazioni la lavoratrice avrebbe utilizzato i permessi 104, concessi per potersi occuparsi del suocero disabile, in maniera impropria dedicandosi ad altre attività domestiche (pulizia del giardino e del balcone, oltre alla spesa), ma grazie alle testimonianze dei vicini di casa è stato possibile accertare che la dipendente si era realmente occupata del congiunto ospite in quel periodo nella sua abitazione.
Il caso era esploso un anno e mezzo fa, quando la Fondazione Padre Alberto Mileno aveva deciso – di licenziare due lavoratrici – una infermiera ed una operatrice socio-assistenziale – che, ad avviso della Direzione, avrebbero utilizzato in maniera impropria i permessi (tre al mese), svolgendo attività estranee a quelle previste dalla normativa. Per altre due dipendenti erano scattati invece solo i provvedimenti disciplinari consistenti nella sospensione dal servizio per un minimo di cinque giorni. In tutti e quattro i casi le contestazioni facevano riferimento alle attività investigative di una agenzia privata. Entrambi i licenziamenti sono stati impugnati davanti al giudice del lavoro.
Anna Bontempo (Il Centro)