Tangenti per seppellire i defunti al cimitero di Vasto. La riapertura di tre tombe è stato probabilmente l’ultimo atto della lunga indagine condotta dalla polizia di Vasto su disposizione della Procura. Un’indagine durata quindici mesi e partita da un cartello affisso all’esterno dei cimitero che invitava i cittadini a consegnare denaro per qualsiasi operazione cimiteriale solo ed esclusivamente in municipio. Le ultime verifiche avrebbero confermato quella che il procuratore Giampiero Di Florio ha definito, “una gestione parallela occulta e privatistica dannosa per il servizio pubblico”.
Gli ultimi accertamenti, necessari per verificare alcuni particolari emersi dalle intercettazioni, sono stati anche gli ultimi tasselli del puzzle accusatorio. E’ probabile a questo punto che presto il magistrato decida il capo d’imputazione e il rinvio a giudizio. Non solo dei 3 ex dipendenti finiti ai domiciliari e ora liberi, Franco D’Ambrosio, 60 anni, Antonio Recinelli, 65, e Luisito Lategano, 45 anni, rispettivamente custode, necroforo e operaio, ma anche dei 14 indagati che avrebbero usufruito degli illeciti vantaggi.
Le ipotesi di reato sono di induzione indebita a dare o promettere utilità e di vilipendio di cadavere. Gli investigatori nell’aprire le tombe avrebbero avuto conferma di una gestione parallela delle attività cimiteriali che non passava dagli uffici comunali. E ci sarebbero altri possibili reati ancora al vaglio della magistratura.
Nonostante gli indagati continuino a negare le accuse, la complessa e articolata attività investigativa avrebbe portato nelle ultime settimane a nuovi elementi certi di prova. La polizia ha accertato un importante danno patrimoniale nei confronti delle casse comunali . L’attività illecita avrebbe riguardato soprattutto le operazioni di inumazione, tumulazione, esumazione ed estumulazione dei feretri, per eseguire le quali «i tre inducevano gli utenti a pagare loro somme di denaro, anziché rivolgersi al servizio Patrimonio e Demanio del Comune, per il versamento delle tariffe previste dal regolamento».
«Tutto avveniva nell’ufficio all’interno del cimitero, dove i tre ricevevano gli utenti colpiti dai lutti»,ha spiegato più volte il dirigente del commissariato, Fabio Capaldo, «pur di dare una degna sistemazione ai propri defunti, i cittadini accettavano di pagare in contanti le prestazioni richieste».
Nei quindici mesi di indagini la polizia ha approfondito gli accertamenti su presunte traslazioni illegali e riduzione in urne cinerarie di resti di cadaveri non ancora demineralizzati, a anche la tumulazione di più cassette nello stesso loculo, a volte anche all’insaputa dell’utente.
Paola Calvano (Il Centro)