Viaggio due ore al giorno per giungere a scuola. Mille pensieri si affollano. Poi torno a casa, discuto animatamente coi i miei figli che mi ripetono ad ogni occasione che non faranno mai gli insegnanti. Penso: chi si occuperà del futuro dei vostri figli? Non credo nei metodi coercitivi, non credo nell’efficacia del controllo come deterrente, non credo nelle punizioni, mai creduto, nemmeno quando i figli erano piccoli. Credo nella Comunicazione, credo nella capacità di sviluppare autonomia di giudizio ed empatia.
Occorrerebbe una ricerca sociologica, antropologica, una analisi intelligente ed acuta di quanto accade, non la coercizione, il controllo esterno, la punizione, occorrerebbe prima di tutto capire, dare un senso . Per ogni tipo di violenza….provare a leggere, interpretare. E da questa lettura ed interpretazione dei fatti, elaborare progetti di prevenzione.
Prevenire la violenza, la violenza verbale, la violenza fisica, la violenza psicologica. Prevenire il malessere dei docenti, degli allievi, dei genitori, dei dirigenti. Come prevenire?
Occorre porsi delle domande, prima di tutto.
Si può essere in ventisette in una stanza piccola, con poca circolazione di aria e si può essere chiusi in quella stanza per 5 ore di seguito compresa la ricreazione in una età in cui si è “argento vivo”? E se ciò è difficile come organizzarsi diversamente in sicurezza?
Altre domande, altro punto di vista: si può “insegnare” a studenti che vivono il tempo scuola come il tempo del “carcere”? Si può comunicare correttamente anche quando la classe attraversa momenti di follia improvvisi e non interpretati perché ci mancano le professionalità? Si può riuscire a superare la frustrazione di sentirsi dire :”ciò che insegni non mi interessa e non mi servirà a nulla” e capire che non si esprime un rifiuto della persona, ma altro tipo di malessere?
Ancora: si possono dirigere sei scuole contemporaneamente ed i tre o quattro paesi differenti?
A queste a tante altre domande occorre dare risposta…telecamere o no. Perché la comunicazione verbale e non verbale nelle relazioni di cura è la più potente delle comunicazioni. Occorre fornire a tutti degli strumenti di lettura di ciò che avviene, perché se stiamo bene genereremo il Bello.
La Scuola pubblica, invece, continui ad investire su prove Invalsi, benchè necessarie, su formazioni sporadiche in mille direzioni differenti che durano la moda del momento, senza un progetto unitario, continui a investire nella direzione delle sole competenze disciplinari ….continui pure.
Ma è necessario che sappia che ciò che manca non è la competenza nei saperi disciplinari, ciò che manca è la competenza emotiva, la competenza affettiva, la competenza nella conoscenza e gestione di sé e delle necessità altrui, la competenza a comunicare secondo i criteri della Comunicazione Empatica NON VIOLENTA, competenze che servono ai giovani per esprimersi in contatto con i loro bisogni, ai docenti per esprimersi nel rispetto degli studenti, ai dirigenti per avere chiaro e chiarire agli altri quali sono le priorità, ai genitori per dialogare con i propri figli e con chi si occupa di loro più di quanto noi genitori riusciamo a fare, oggi.
Cari amministratori, dirigenti, politici, vi stiamo chiedendo aiuto, non è chiaro? Il disagio c’è , inutile far finta di non vederlo, il disagio c’è ed è allarmante. Facciamo qualcosa adesso. Ognuno faccia la sua parte, cominci da qualcosa. Abbia inizio subito una rivoluzione non silenziosa, ma pacifica, una rivoluzione che ci veda tutti uniti in funzione della necessità di dare ai nostri figli una qualche speranza.
Maria Aurelia Del Casale