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“Morti nel fiume, non è stata fatalità”

La prima udienza davanti al gup di Pescara per la tragedia dei coniugi di Scerni, Giuseppe Pirocchi e Silvia D’Ercole caduti nel fiume Orta il 1 maggio 2017, ha registrato la costituzione di parte civile dei familiari delle vittime e la richiesta di chiamata in causa come responsabili civili della tragedia del Comune di Caramanico e del Parco della Maiella.

La richiesta presentata dagli avvocati Giuliano Milia, Arnaldo e Francesco Tascione, riceverà la risposta del giudice nel corso della prossima udienza fissata per il 30 maggio. La Procura di Pescara, come noto, ha chiesto il rinvio a giudizio per il sindaco di Caramanico, Simone Angelucci e per il direttore del Parco Nazionale della Maiella, Oremo Di Nino.

L’ipotesi di reato è omicidio colposo. Il procuratore Massimiliano Serpi e sostituto procuratore Valentina D’Agostino hanno escluso l’imprudenza delle vittime, ed hanno puntato il dito sulle omesse segnalazioni del pericolo. Sulla scorta delle risultanze investigative e delle perizie, gli investigatori hanno escluso lo scenario della tragica fatalità o dell’imprudenza da parte delle vittime.

La morte della coppia, stando a quanto emerso nel corso dei sopralluoghi e dagli accertamenti dei carabinieri e dei periti, sarebbe legata a responsabilità omissive nella segnalazione dei pericoli. Il camminamento attraversando il quale marito e moglie sono scivolati nel fiume era privo di cartelli di segnalazione e l’area non era transennata.

“C’è quindi responsabilità”, dicono Tascione e Milia “in chi omise di vigilare per verificare se erano stati adottati tutti gli accorgimenti necessari ad evitare pericoli. Del resto, si è arrivati a queste conclusioni”, sottolineano gli avvocati di parte civile “attraverso un corposo dossier fotografico. Le immagini documentano come la tragedia sarebbe stata evitabile se fossero state prese le dovute precauzioni inibendo l’accesso dei visitatori nell’area a rischio e segnalando il pericolo”.

Silvia D’Ercole e Giuseppe Pirocchi annegarono sotto lo sguardo sconvolto dei loro due figlioletti di 8 e 5 anni. Fu Silvia a scivolare per prima su un sasso reso viscido dalla vegetazione. In quel punto il fiume forma delle rapide. L’acqua trascinò la donna. Il marito finì anche lui nel fiume nel tentativo di salvarla. I figlioletti purtroppo assistettero a tutta la scena. E’ trascorso un anno ma il dolore è intatto. In tanti in paese si fermano a pregare davanti alla tomba dei due sfortunati giovani.

A Scerni ora è grande l’attesa per quello che deciderà il giudice il prossimo 30 maggio. Il luogo dove è accaduta la disgrazia è denominato Marmitte dei Giganti. Fa parte del tratto delle Rapide di Santa Lucia ed è uno dei posti più suggestivi del parco della Majella. Quel giorno Silvia e Giuseppe , amanti della natura ,erano in gita con i figli e altri familiari. La gita si trasformò in un incubo. Una morte terribile per la coppia. Per i legali della famiglia dei due coniugi chi gestiva quel parco avrebbe dovuto mettere in guardia i visitatori.

“La morte di Silvia e Giuseppe”, insistono Milia e Tascione “non poteva e non può essere considerata una tragica fatalità“.

Paola Calvano (Il Centro)

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