Hanno indossato tutti le maglie azzurre da lavoro, ma questa volta lo hanno fatto per manifestare pacificamente davanti alla loro fabbrica che presto, salvo miracoli dell’ultim’ora , sarà chiusa. Sit in dei lavoratori Sam ieri a Piana Sant’Angelo. Con loro i rappresentanti sindacali di Cisl e Cgil, Massimiliano Recinella, Franco Zerra e Emilio Di Cola. Assenti i politici che pure erano stati invitati ad unirsi alla protesta. Particolare questo che ha fatto sentire i lavoratori ancora più soli.
La scorsa settimana hanno ricevuto tutti la comunicazione dell’avvio della procedura di licenziamento collettivo. La legge prevede che entro 45 giorni si trovi una soluzione alternativa e magari nuovi acquirenti. Il futuro dei 25 lavoratori purtroppo non è affatto sereno. A spingere l’azienda a chiudere non è certo la mancanza di ordinativi, ma piuttosto una situazione debitoria ormai insostenibile.
Ieri è cominciato un periodo fatto di scioperi, trattative e incontri nella speranza di aiutare 25 lavoratori a non restare senza reddito. Sam ha sempre avuto un solo cliente: la Denso. ll 3 maggio nello stabilimento della Denso, a San Salvo, si era tenuto un incontro fra i rappresentanti del colosso giapponese e la Sam srl per rivedere il capitolato degli accordi e trovare un modo per evitare la chiusura della Sam e 25 licenziamenti.
L’incontro, durato diverse ore evidentemente non è bastato a trovare una soluzione alternativa. Il 4 luglio, in seguito all’avvio della procedura di consultazione sindacale nella sede di Confindustria a Vasto, il dottor Fabrizio Citriniti, che ha la procura dalla Sam, ha ribadito che le motivazioni della chiusura sono da ricondurre a una gravissima e irreversibile crisi economico-finanziaria determinata da un rapporto commerciale sbilanciato con l’unico cliente Denso.
“L’azienda“, affermano i sindacati “si trova oggi ad avere un indebitamento assolutamente sproporzionato rispetto al fatturato e ai ricavi». La procedura di consultazione sindacale si è conclusa con un verbale di mancato accordo. «Questa vertenza», ribadisce Massimiliano Recinella, «è totalmente anomala. La storia di questo stabilimento è fatta di lavoratori che si sentono una famiglia, hanno lavorato qui per 30 anni offrendo flessibilità e disponibilità altissime. Le maestranze sono giustamente preoccupate e sconcertate. Dopo anni di sacrifici non si aspettavano che accadese una cosa così grave. Lo stabilimento anche adesso lavora a ciclo continuo e non ha crisi di commesse. Rinnoviamo l’invito a tutte le istituzioni politiche, locali, provinciali, regionali ad aiutare 25 famiglie”.
Paola Calvano (Il Centro)