Dal Catalogo, a cura del critico d’arte Giuseppe F. Pollutri: “L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è (Paul Klee). E’ questa una proprietà dell’arte, da sempre, ma la ‘modernità’ l’ha resa più evidente, laddove riesce a figurare efficacemente la propria sensazione dell’io e dell’altro da sé, per poi trasporla, con strumenti e materia, in un manu-tecno-fatto. L’arte, nell’era della esponenziale riproducibilità tecnica e tecnologica, non è più interessata a “illustrare”, quanto piuttosto a dare forma & immagine a ciò che, sempre e/o talvolta, “è invisibile agli occhi”.
[…] Dobbiamo far riferimento a tale innovata e contemporanea forma mentis di fronte alle opere di Gianfranco Bevilacqua. Le modulazioni plastiche (e in esse le linee, spazi, derivate ombre e luci) che le strutturano, nascono da un imput mentale, si manifestano dapprima su un supporto piano attraverso un segno e traccia, divengono ”linee di forza” (per dirla con Giacomo Balla futurista) utili alla successiva stratificazione o sedimentazione materiale dell’opera. Si realizza in tal maniera, con un’interazione cognitiva e culturale, la proposizione di una realtà ogni qual volta altra e nuova, un unicum poetico e immaginifico, quale che sia il materiale scelto e il grado d’astrazione di volta in volta attuata dall’artista. Una controllata ed evolvente astrazione della forma, la sua, che si dispiega, nello spazio e alla vista in maniera compiuta, finalizzata a realizzare ciò che si vuole che sia, a ‘materializzare’ (sorta di “ready-made” poco o nulla astruso e gratuito) quel che resterà presente e visibile nel successivo e fatalmente diveniente spazio/tempo.
[…] La preminente scelta della terracotta, unitamente al gesso scagliola – materiali detti poveri, relativamente fragili – è in funzione diretta di una poetica demiurgica e interattiva, tra materia e immagine, tra l’essere e il suo manifestarsi. Forme plasmate con un tegumento materico, una sorta di corteccia che, nel configurare l’opera, conserva ed esprime mutabilità e caducità della forma e della stessa materia che la struttura. I volti figurati da Bevilacqua hanno sembianze astrali, talora riecheggiano arcaicità etrusche, appaiono conchiusi in una maschera di perfezione e di mistero.
[…] L’opera è trasposizione formale dell’intenzione dell’artista e, al tempo stesso, metafora dell’arte creativa umana: dalla materia kaotica, più che inorganica, alla forma relativamente mimetica e inevitabilmente, in ogni caso semantica. Capace con la sua bellezza e/o eventuale quanto apparente disarmonia di comunicare ed emozionare, di rendere più gradita e soddisfacente l’esistenza terrena dell’umano. GFP
La mostra è visitabile dal 19 al 25 luglio compreso, con orario 18,00 – 23,00
Ingresso libero, costante presenza dell’artista.