Rosario Tomeo “Marciamè”, salvanese verace, è volato nella casa del Padre, ma il suo ricordo é sempre vivo nel cuore dei suoi compaesani. Fu l’ultimo falegname ad adoperare gli attrezzi e utensili manuali: sega, pialla, raspa, mazzuolo, morsetto, squadra matita, compasso, martello; aveva gli occhi vivi come una volpe, una simpatia innata ed un modo di parlare colorito e travolgente.
Era un grande organizzatore delle feste religiose. Dopo il suo pensionamento ha continuato a lavorare in via De Vito. Aveva una memoria prodigiosa, infatti ricordava le targhe delle auto e perfino il giorno della nascita degli abitanti di San Salvo. Frequentò la scuola elementare in uno scantinato privo di luce solare di via Umberto I°. La sua maestra era una siciliana. Una distorta padella fissàure con una manciata di carbonella sopra, prelevata dal magazzino municipale, era sufficiente a riscaldare qualche parete.
Dopo aver sostenuto gli esami di licenza elementare, lo zio Alessandro gli procurò un lavoro per apprendista falegname presso la bottega di Domenico Cervone, dove ritrovò i suoi amici : Mario Fabrizio, Gino Di Biase e Cesario Tomeo. Durante il periodo occupazione inglese fu obbligato a provvedere allo scarico dei camion strapieni di bombe nel piazzale dell’ex frantoio Civuatt (trappète).
Terminata la guerra, ritornò a praticare il mestiere in via De Vito. Lavorava dalla mattina fino a dopo il tramonto. Realizzava manufatti unici ed esclusivi. “Mi dispiace abbandonare questo lavoro – diceva col cuore gonfio agli amici che s’intrattenevano nella sua bottega – ho lavorato da falegname per 65 anni . Molti lavori, vengono confusi per “fatto a mano”, anche se sono realizzati con macchine. Non posso credere alla mia morte non ci sarà nessuno in grado di sostituirmi”.
Sul suo volto traspariva la fierezza e la passione di chi ama profondamente uno dei mestieri più antichi, ma in via de estinzione.
Michele Molino