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Consulenze sotto accusa, in 9 sfilano in tribunale

Incarichi e consulenze al Consorzio di bonifica sud: udienza straordinaria questa mattina davanti al gup del tribunale di Vasto, Italo Radoccia, per gli ex vertici dell’ente, finiti nel 2016 al centro di un’inchiesta giudiziaria. A chiedere il rinvio a giudizio è stato il procuratore Giampiero Di Florio. Sono 9 gli indagati: gli ex commissari Fabrizio Marchetti e Rodolfo Mastrangelo, l’ex direttore Nicolino Sciartilli, l’ex responsabile univo del procedimento Michelangelo Magnacca, l’ex commissario regionale Sandro Annibali e 4 professionisti e imprenditori, Sante Di Giuseppe, Giovanni Sportelli, Gilda Buda e Giuseppe Latte Bovio.

Gli indagati sono accusati a vario titolo di concorso in abuso d’ufficio, appropriazione indebita per indennità di rimborso e spese non dovute per lavori per la realizzazione della diga di Chiauci. Marchetti deve rispondere anche di peculato.

La vicenda giudiziaria ruota attorno a incarichi e consulenze che sarebbero stati affidati a liberi professionisti. A giudizio della procura, le operazioni avvennero “senza l’attivazione delle procedure di evidenza pubblica prevista dal codice degli appalti pubblici”. Alcuni indagati avrebbero procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale a studi professionali e professionisti o stipulato convenzioni di migliaia di euro.

A sollevare dubbi sulla gestione, invocando chiarezza chiarezza, era stato l’ex presidente della Regione Luciano D’Alfonso. Nel corso di una visita a Vasto per illustrare gli interventi previsti dal Masterplan, D’Alfonso aveva parlato di una “sarabanda di progettisti” affermando che la “diga di Chiauci per troppi lunghi anni non è stata riempita di acqua ma di progettisti nominati dagli amministratori”, per cui andava fatta chiarezza.

A sua volta l’ex direttore del Consorzio, Sciartilli, aveva sparato pubblicamente le sue bordate di risposta ai suoi presunti accusatori. Dichiarazioni che erano state subito captate dalla procura di Vasto che aveva mandato la guardia di finanza ad acquisire tutta la voluminosa documentazione che oggi ha portato gli indagati all’udienza preliminare.

Secondo la procura, incarichi e consulenze sarebbero stati affidati a liberi profesionisti “senza la prodromica attivazione delle procedure di evidenza pubblica previste dal codice degli appalti pubblici. Così facendo ci sarebbe stato un ingiusto vantaggio patrimoniale per uno studio professionale pari a 364mila euro, e poi altri vantaggi per un altro studio, senza seguire la obbligatoria procedura di evidenza pubblica”.

Accuse che i difensori degli indagati respingono.

Paola Calvano (Il Centro)

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