Col passare degli anni, molte tradizioni sono andate perdute. Al termine della cerimonia religiosa era usanza a San Salvo che i componenti del corteo nuziale tornassero alla casa della sposa, dove su lunghi tavoli, trovavano grandi vassoi (vuandìre) colmi di cillichiéne, paste nere (mostaccioli), spumetti con la mandorla, serpentine, biscùtte ‘nghì lu gileppe (biscotti con la glassa), bicchierini di rosolio e di marsala. Mentre sciami di ragazzi seguivano il corteo nuziale, i parenti degli sposi lanciavano manciate di confetti lungo tutto il percorso. Appena il lancio dei confetti rallentava, i ragazzi protestavano contro i parenti degli sposi:“Fumì, fumììì (letame, letameeee). Si accapigliavano in mezzo alle pozzanghere, per agguantarne quanti più possibili. I confetti si mangiavano in specifiche circostanze, quindi è comprensibile la lotta accanita per un pezzetto imbrattato di fango. La parola dialettale “Fumìre” deriva dal francese “fumier (letamaio).
Michele Molino