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“Voglio giustizia per Jessica, non vendetta”

Tre novembre, ieri Jessica Tinari, una delle 29 vittime della tragedia di Rigopiano, avrebbe compiuto 27 anni. Il padre Mario ha dedicato alla figlia scomparsa uno struggente messaggio. “Il tempo che passa senza di te non farà mai e poi mai affievolire l’amore che proviamo per te….custodiremo per sempre e gelosamente dolci e bellissimi ricordi passati con te. Buon compleanno Jessy. Per sempre nei cuori di chi ti ama”.

Poche righe raccontano il dolore di Mario e della sua famiglia. Il dolore per Mario Tinari non si è trasformato in odio. “Oggi“, ci ha detto Tinari “è un giorno molto doloroso per noi genitori e per chi ha auto la possibilità di incontrare e conoscere Jessica. Ricordandola, non facciamo altro che portare avanti i suoi valori e il suo modo di essere semplice, mai sopra le righe. Penso e sono convinto che sia stato un privilegio avere avuto la possibilità di starle accanto. Ha determinato , oggi lo comprendo ancora di più, il mio modo di essere. La mia Jessy è la persona che mi ha reso quello che sono e insieme al fidanzato Marco, morto con lei , sono stati per me il più bel dono che potessi ricevere. Lotterò fino alla fine dei miei giorni affinchè si trovino i responsabili della tragedia. La mia speranza è che la giustizia sia un monito a chi è preposto a tutelare la sicurezza e l’incolumità di ogni essere umano. Con quel tragico evento ho perso tutto, chiedo solo giustizia”.

Mario Tinari, come tutte le vittime di Rigopiano chiede di lenire lo strazio dell’anima con la giustizia. Il 29 settembre scorso il processo è slittato per “legittimi impedimenti” dovuti allo sciopero dei penalisti. Fra i familiari che indossavano le magliette con i volti delle vittime c’era anche lui. Davanti al rinvio Tinari non ha nascosto il proprio rammarico ricordando che, a distanza di quasi tre anni dalla tragedia (18 gennaio 2017) il processo ai presunti responsabili è ancora nelle fasi preliminari.

Il padre di Jessica Tinari, ha chiesto più volte giustizia non vendetta. “Il dolore odierno”, racconta Mario “è uguale al giorno della morte di mia figlia e del suo fidanzato. Questa è solo la prima battaglia. Chiedo giustizia non vendetta. Vorrei una sentenza che fosse un ammonimento per chi amministra e li esortasse ad essere meno superficiali quando c’è in gioco la vita umana“.

Paola Calvano (Il Centro)

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